L'Aquila, Appello della Grandi rischi parlano i difensori: fatti deformati

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L'AQUILA - "I fatti sono stati deformati e inseriti in una forma che non gli apparteneva. Per una teoria della rappresentanza sociale sono stati formulati i capi di...

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L'AQUILA - "I fatti sono stati deformati e inseriti in una forma che non gli apparteneva. Per una teoria della rappresentanza sociale sono stati formulati i capi di imputazione deformando i fatti". Lo ha detto stamani l'avvocato Roberto Petrelli, legale di fiducia di Franco Barberi, in apertura della quarta udienza del processo d'Appello all'Aquila alla commissione Grandi rischi, condannata in primo grado, due anni fa, con le accuse di omicidio colposo e lesioni colpose per aver rassicurato gli aquilani a restare nelle proprie abitazioni, cinque giorni prima dell'evento catastrofico, costata la vita a 309 persone. Rimarcando un presunto vuoto del castello accusatorio, Petrelli ha evidenziato come "il pm (Fabio Picuti) non ha chiesto al suo consulente antropologico Antonello Ciccozzi di definire le modalità attraverso le quali per avventura la teoria avrebbe potuto dar conto di determinati meccanismi sociali, ma al contrario nel suo incarico di consulenza ha chiesto se le condotte abbiano potuto produrre gli eventi". Parlando della convocazione dei sette membri della Commissione Grandi Rischi, Petrelli ha evidenziato come il numero dei componenti non raggiungeva quello legale previsto. In particolare l'esigenza della convocazione era sorta a seguito della diffusione di un comunicato stampa della Protezione civile regionale dal contenuto imprudentemente rasscicurante. Per Petrelli se la Grandi Rischi fu convocata all'Aquila "per fornire ai cittadini abruzzesi le informazioni sullo sciame sismico, la responsabilità primaria è di chi convocò quella riunione, la Protezione civile". Secondo il legale di Barberi, "alcun compito di informare la popolazione aquilana gravava sui singoli esperti.
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Il Messaggero