La figlia del benzinaio aggredito dal rom: «Quel pugno al volto ha fatto morire papà»

Gianfranco Pigliacampo è deceduto a 53 anni nell'aprile scorso: non si era mai ripreso dal cazzotto in faccia sferrato nell'aprile del 2019 da Giuliano Di Silvio, 42 anni, ora sotto processo per lesioni gravissime.

La figlia del benzinaio aggredito dal rom: «Quel pugno al volto ha fatto morire papà»
Potrebbe aggravarsi la posizione di Giuliano De Silvio, il 42enne residente a Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, già a processo perché accusato di...

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Potrebbe aggravarsi la posizione di Giuliano De Silvio, il 42enne residente a Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, già a processo perché accusato di lesioni gravissime provocate con il pugno al volto sferrato al benzinaio Gianfranco Piagliampo con l’aggravante della premeditazione e dei futili motivi. Era luglio del 2019 quando l’uomo è stato aggredito. Lo scorso aprile, purtroppo, Pigliacampo, che era parte civile al processo, è deceduto all’età di 53 anni al policlinico Gemelli di Roma e ieri, in dibattimento, davanti alla giudice monocratica Claudia Di Valerio, il suo legale, l’avvocato Vittorio Sabatini, ha presentato una nuova costituzione di parte civile per gli eredi, sostenendo che il benzinaio sarebbe deceduto «in seguito a quell’evento».


LA PERIZIA
Agli atti del processo in corso, adesso, è stata prodotta la corposa cartella clinica del policlinico romano dove il benzinaio era in attesa di un trapianto del fegato per una «cirrosi non da alcool», così com’è stato diagnosticato. A questo punto non è escluso che potrebbe essere disposta una super perizia per determinare il nesso di causalità e riqualificare, eventualmente, il reato. I familiari sono convinti che la morte di Gianfranco sia collegata all’aggressione. «È rimasto 38 giorni in coma nella Rianimazione del Mazzini di Teramo – hanno raccontato la moglie Helga Terlizzi e la figlia Lorenza al termine dell’udienza di ieri - Gli avevano dato pochissime possibilità di sopravvivenza, ma quando l’emorragia cerebrale si è ritirata e lo hanno svegliato, non è tornato più quello di prima». Nei quattro anni successivi Gianfranco ha vissuto una vita diversa e con lui i suoi cari. «I danni che ha riportato sono stati moltissimi. Aveva tutto il lato sinistro del corpo paralizzato. Da quella parte non vedeva da un occhio e non sentiva con un orecchio. Camminava con il bastone e non voleva accettare la sua condizione». Ha dovuto subire anche altri delicati interventi chirurgici, «fino a quando – hanno proseguito nel racconto - non gli hanno diagnosticato l’inizio di una cirrosi non alcolica e la necessità di un trapianto del fegato che solo al Gemelli avrebbero fatto, anche perché era giovane». I medicinali che assumeva da dopo l’aggressione era molti.


Ieri, in aula, è stato sentito come testimone un amico di Pigliacampo, che quel giorno è arrivato subito dopo l’aggressione. «Gianfranco era seduto su una sedia, aveva un asciugamano sulla testa, ma quando l’ho chiamato non mi rispondeva. Non mi ha neanche riconosciuto», ha detto. A terra l’amico aveva notato due paio di occhiali da sole, che sarebbero appartenuti, uno, a Pigliacampo, l’altro, a quanto pare, proprio a De Silvio. Quest’ultimo sarebbe arrivato a Cologna Spiaggia, lì al distributore dov’è successo tutto, dopo una telefonata di suo figlio che aveva già discusso col benzinaio.  All’epoca si parlò anche di uno scontrino, mai rinvenuto però, da 20 euro, emesso dalla colonnina della benzina che doveva essere cambiato. Ma di questo non si fa alcun riferimento nel capo d’imputazione. C’è anche da ricordare che in quello stesso pomeriggio De Silvio si è poi presentato spontaneamente dai carabinieri insieme al proprio legale, facendo cadere l’unico presupposto per cui la procura era già pronta a chiederne il fermo, ossia il pericolo concreto e attuale di fuga. Il processo, adesso, è stato rinviato a febbraio.
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Il Messaggero