Abusi sessuali sulla sua inquilina, condannato arzillo nonnino di 81 anni

Abusi sessuali sulla sua inquilina, condannato arzillo nonnino di 81 anni
A 81 anni è stato condannato con l’accusa di aver palpeggiato una 40enne che per alcuni mesi ha mantenuto il segreto. Il tormento di quelle mani addosso contro la...

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A 81 anni è stato condannato con l’accusa di aver palpeggiato una 40enne che per alcuni mesi ha mantenuto il segreto. Il tormento di quelle mani addosso contro la propria volontà da parte di un anziano di cui lei si fidava e al quale si era rivolto per chiedere un piccolo prestito in un momento di difficoltà economica. Ma poi lui si sarebbe rivelato diverso da come lei lo immaginava e così, ieri, in primo grado è arrivata la condanna ad un anno e 6 mesi di reclusione e 5mila euro di provvisionale per violenza sessuale nei casi di minore gravità.


L’intera vicenda risale a tre anni fa. All’epoca la donna, che si è costituta parte civile nel processo assistita dall’avvocato Tiziano Rossoli, aveva deciso di andare a vivere con il compagno e insieme avevano trovato una casa in affitto da 300 euro al mese di proprietà proprio dell’anziano, lui di Castelli. Ma ad un certo punto succedere che la coppia si lascia e lei rimane con il resto dell’affitto da pagare che doveva essere saldato con una serie di assegni post datati. A quel punto la 40enne, che aveva creato un rapporto d’amicizia con il padrone di casa all’epoca 78enne, fidandosi dell’anziano, decide di chiedergli un prestito di 1.800 euro.


Tutto questo succede a luglio del 2016. Quando i due si incontrano, però, le cose non vanno esattamente come lei immaginava perché all’improvviso il padrone di casa così come scrive anche la Procura nel capo d’imputazione «dopo averla fatta salire in auto, con violenza consistita nel palpeggiarla in maniera subdola e repentina su tutto il corpo, la costringeva a subire il predetto atto sessuale». Fortunatamente quel giorno lei riuscì poi a scappare. Il primo a cui raccontò tutto fu proprio il compagno con il quale aveva in precedenza rotto. Insieme concordarono poi di chiamarlo e registrare la telefonata. Una conversazione durante la quale l’anziano avrebbe ammesso tutto, lasciando ad intendere, però, che non fosse successo nulla di così grave. Secondo la difesa "quella “prova regina” non avrebbe accertato la veridicità in quanto dalla perizia si dice voce maschile presumibilmente dell’imputato. La denuncia è stata presentata solo a distanza di qualche mese quando alcuni familiari dell’anziano avrebbero preteso la restituzione della somma prestata. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero