Abruzzo, allarme previdenza: più pensioni che stipendi

Abruzzo, allarme previdenza: più pensioni che stipendi
L’Abruzzo è tra le regioni d’Italia in cui vengono pagate più pensioni che stipendi. Un dato, reso noto dalla Cgia, che conferma le preoccupazioni...

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L’Abruzzo è tra le regioni d’Italia in cui vengono pagate più pensioni che stipendi. Un dato, reso noto dalla Cgia, che conferma le preoccupazioni espresse negli ultimi anni su diversi fenomeni, che si intrecciano tra loro e riguardano l’Abruzzo e la maggior parte delle regioni del Centro-Sud: l’invecchiamento della popolazione, il lavoro irregolare, lo spopolamento delle aree interne, la fuga dei giovani all’estero e al Nord e la denatalità.

«La combinazione di questi fattori - secondo la Cgia - sta riducendo progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, ingrossando la fila dei percettori di welfare». Secondo l’Ufficio Studi della Cgia, nel 2022 in Abruzzo sono state erogate 516 mila pensioni e 483 mila stipendi, per un saldo negativo di 33 mila lavoratori rispetto alle prestazioni pensionistiche erogate. Tra le quattro province abruzzesi, il gap maggiore si registra nell’Aquilano e nel Chietino: entrambi i territori hanno registrato infatti un saldo negativo pari a -15 mila stipendi rispetto alle pensioni. In provincia di Chieti sono state 150 mila le pensioni e 134 mila gli stipendi, mentre in quella dell’Aquila le pensioni erogate ammontano a 122 mila e gli stipendi a 107 mila.

La situazione migliora sensibilmente in provincia di Pescara, dove il gap è meno evidente ed è pari a duemila stipendi (119 mila) in meno rispetto alle pensioni (121 mila). Il Teramano infine è la provincia che ha registrato il divario minore: sono state erogate 123 mila pensioni e 122 stipendi nel 2022, per una forbice pari a mille. Dalla lettura delle statistiche demografiche e occupazionali, secondo la Cgia, «emergono tendenze molto preoccupanti». Tra il 2023 e il 2027 per esempio «il mercato del lavoro italiano richiederà poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione». Insomma, nei prossimi 5 anni «quasi il 12 per cento degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età - si legge nello studio - Con sempre meno giovani destinati a entrare nel mercato del lavoro».

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Il Messaggero