Un frutteto per gli orsi, così il Parco previene nuove irruzioni degli animali nei paesi

Un frutteto per gli orsi, così il Parco previene nuove irruzioni degli animali nei paesi
«L’operazione è positiva in sé, ma anche per l’aspetto culturale che contiene, per cui tanta gente si è fatta carico dell’iniziativa....

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«L’operazione è positiva in sé, ma anche per l’aspetto culturale che contiene, per cui tanta gente si è fatta carico dell’iniziativa. Ma non sposta nulla, perché non è la fame il problema. Nessun orso è morto deperito né scende in paese perché ha fame». Così Luciano Sammarone, direttore del Parco d’Abruzzo che ieri a Villalago, in Zona di protezione esterna al Parco, ha preso parte alla piantumazione dei primi 30 alberi da frutto nell’ambito del progetto del comitato “Una foresta per Amarena”. Il terreno interessato è in prossimità del paese più frequentato dall’orsa dall’estate 2020 fino a pochi giorni prima di essere uccisa a San Benedetto dei Marsi.

«L’orso scende in paese per una complessità di motivi il primo dei quali è la competizione intraspecifica- spiega Sammarone-. Nelle statistiche degli ultimi vent’anni, dal 2004 abbiamo avuto 46 orsi morti, di 10 non sappiamo la causa, 6 sono morti per competizione intraspecifica cioè un orso ha ammazzato un altro orso. Questo vuol dire che stanno stretti questi plantigradi. Sono morti tutti nel Parco. Degli altri, nove sono morti ammazzati (avvelenamento, bracconaggio, fucilate), otto per investimento. Le cause di mortalità sono queste, non la fame. E sono morti di questi motivi soprattutto fuori dal Parco».

«C’è l’area di espansione, funziona benissimo dal Parco d’Abruzzo al Parco della Maiella passando dal Genzana. Allora, se questo corridoio funziona, cominciamo a rafforzarlo» è l’esortazione di Sammarone che ricorda: «Il Pnalm è di 50mila ettari. Quanti orsi pensiamo possano starci dentro? La capacità portante non è dettata da quanto hanno da mangiare, ma dallo spazio a disposizione. Se lo spazio è limitato, significa che devi favorire, lo dice uno studio dell’Università La Sapienza, che gli orsi vadano nel Sirente Velino, nel Gran Sasso, nei Simbruini, nei Sibillini, nel Matese».

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Il Messaggero