«O con me o sottoterra». Nessuna possibilità di scelta. Nessuna possibilità di salvezza. O almeno così pensava un 39enne romeno, finito a processo per violenza domestica, che nel corso di una lunga relazione aveva trasformato la moglie in una schiava. La donna nonostante le minacce, le botte e gli insulti ha avuto la forza di mettere fine al giogo che l’uomo le aveva imposto. E ora è a giudizio. A raccontare al collegio del Tribunale di Viterbo anni di sofferenze e umiliazioni è stata proprio l’ex moglie, che vive con i 5 figli piccoli in una località protetta dove è stata trasferita dopo l’intervento della Squadra Mobile.
«Siamo stati insieme 17 anni - ha raccontato -, non è sempre stato violento. E’ diventato aggressivo pian piano. Era geloso, non mi ha permesso di lavorare, abbiamo fatto 5 figli uno dietro l’altro». L’uomo prima di finire a processo è stato allontanato dalla casa familiare con divieto di avvicinamento alla vittima. «Spesso la sera tornava ubriaco e pretendeva la cena pronta e che io lo servissi a tavola. Se non facevo quello che diceva mi picchiava. Una volta per sfuggire alle botte mi sono lanciata dalla finestra del primo piano. Mi aggrediva anche con gli arnesi del lavoro. E’ un muratore e ha sempre con sé il martello. Per farmi capire chi comandava mi si avvicinava e mi strofinava il martello sulle gambe». La donna veniva regolarmente aggredita, è successo anche durante un ricovero in ospedale. «Mi diceva che non dovevo fare nessuna mossa sbagliata, non dovevo chiamare i carabinieri o la polizia perché tanto lui non aveva paura di nessuno e mi avrebbe ammazzato lo stesso».
La donna infatti per diverse volte nel corso degli anni ha tentato di denunciarlo, ma ogni volta ci ripensava per paura delle conseguenze. «Mi ripeteva che o stavo con lui o finivo sottoterra.