Un fine settimana dedicato agli Etruschi. Conferenze, visite guidate e pièce al museo nazionale

Un fine settimana dedicato agli Etruschi. Conferenze, visite guidate e pièce al museo nazionale
di Luca Telli
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Giovedì 10 Giugno 2021, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 12:49

«Per capire davvero un popolo bisogna scendere in profondità, entrare in comunione con lui – spiega Daniela De Angelis, direttrice del museo archeologico di Tarquinia -. Abitudini, tradizioni, piccoli gesti quotidiani, vanno indagati tutti quegli aspetti che prima delle date storiche o di un’iscrizione ne costituiscono il derma e l’anima». E quando di mezzo c’è il popolo più misterioso del Centro Italia, sull’origine del quale le discussioni non sono del tutto spente (anche se la linea maggioritaria è quella che spinge per la natura autoctona), tutto diventa più difficile. O forse no, «perché quello che ci hanno lasciato gli etruschi è sufficiente per capire in cosa erano simili a noi e in cosa diversi», aggiunge De Angelis che, con il sostegno dell’amministrazione comunale e in linea con la Direzione Regionale Musei dei Lazio, ha promosso una due giorni (sabato 12 e domenica 13) dedicata agli antichi abitanti di Tarquinia. ‘Noi, gli Etruschi. Un racconto ancora vivo’, è il nome del progetto che si inserisce all’interno di un piano di più ampio respiro che coinvolge anche il sito Unesco di Cerveteri.

Conferenze e visite guidate ma non solo. «Ci saranno delle pièce – spiega De Angelis - delle mini rappresentazioni teatrali, a orari prestabiliti e su prenotazione per via delle norme anti contagio (25 posti a spettacolo ndr) che metteranno una luce diversa sulla quotidianità degli etruschi».

Nel dettaglio, una ricostruzione teatralizzata di un banchetto che consentirà ai partecipanti di vivere una narrazione immersiva alla scoperta di uno dei momenti sociali più intensi.

Un’esperienza meta archeologica, ricreata filologicamente sulla base delle testimonianze, delle rappresentazioni ritrovate all’interno delle tombe e dei reperti emersi duranti gli scavi dell’ultimo secolo.

«La forza del progetto, e la sua bellezza, è proprio questa – aggiunge De Angelis -. Una crasi tra teatro, prosa e archeologia che dà vita un nuovo linguaggio più agile e interessante. È un modo per dimostrare che i musei non sono solo luoghi polverosi dove si ‘vedono cose’, ma organismi dinamici».

Uno sprint vitale dopo la depressione immunitaria creata dalla pandemia che ha silenziato i corridoi e le stanze dei musei.

«Per noi è un ritorno alla vita – conclude De Angelis -. Da quando abbiamo avuto la possibilità di riaprire il numero dei turisti è cresciuto in maniera progressiva. Mancano ancora gli stranieri ma c’è voglia di scoprire anzi, di tornare a scoprire».

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