Raid incendiario al capannone di Tarquinia, condannato Pavel Ionel

Incendio
di Maria Letizia Riganelli
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Sabato 14 Gennaio 2023, 05:50 - Ultimo aggiornamento: 13:33

Raid incendiario al capannone di Tarquinia, Pavel Ionel condannato a due anni di reclusione. Il 39enne di origine romena, noto per essere stato nell’inchiesta mafia viterbese, era accusato di aver appiccato un incendio nel 2014 all’officina del suo ex datore di lavoro. Le indagini per il mega incendio di 8 anni fa si conclusero solo nel 2020. A legare il raid a Pavel Ionel furono le indagini per mafia di quattro anni fa.

Il fatto. A luglio del 2014 andarono completamente distrutti un’officina, un rimessaggio e 7 autotreni carichi di cereali, per un valore complessivo di oltre un milione e 200mila euro. Per un’intera notte vigili del fuoco di Tarquinia e Civitavecchia lavorarono per spegnere fiamme altissime che in poche ore divorarono tutto. L’autore, o almeno uno di loro, aveva però lasciato alcune tracce sulla scena del crimine che furono repertate dalla polizia scientifica. Tra la cenere e il fumo denso gli investigatori del Commissariato di polizia di Tarquinia scoprirono anche del sangue.

Probabilmente qualcuno per forzare il cancello si era ferito lasciando il suo dna sulla scena del crimine.

Le indagini, nonostante la traccia ematica, non portarono inizialmente a nessuno. Il profilo genetico del soggetto, pur se tipizzato, era sconosciuto al sistema informatico della polizia. Ma qualcosa cambia a gennaio 2019. A Viterbo è in corso una vasta operazione antimafia. Finiscono in manette 13 persone. Tra loro anche Pavel Ionel, difeso dall’avvocato Michele Ranucci.

Per gli inquirenti sarebbe stato lui ad aver appiccato il fuoco che distrusse l’officina di Tarquinia. A dare esisto positivo non solo il dna, ma anche la testimonianza dell’imprenditore vittima di incendio che avrebbe riconosciuto, tra le immagini degli arrestati di Erostrato, uno dei sospettati. Ieri la condanna a un passo dalla prescrizione. «Aspettiamo di leggere le motivazione - ha affermato l’avvocato Ranucci -, ma siamo già convinti di ricorrere in appello».

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