Sono circa 500 in tutta la provincia, quasi 200 nella sola città di Viterbo. Numeri affatto trascurabili quelli dei docenti e del personale Ata della scuola che non si sono ancora vaccinati e non intendono farlo. Dal 15 dicembre, quando è entrato in vigore l’obbligo per la categoria, sugli istituti della Tuscia sono piovute una valanga di assenze.
Di fatto, i no vax hanno cercato di trovare una soluzione per aggirare il problema o, quantomeno, per trascinarne la risoluzione il più avanti possibile nel tempo. Malattie, ferie, congedi di vario tipo sono i principali escamotage utilizzati sinora. Un fenomeno che si riscontra in tutta la provincia: all’istituto ominicomprensivo di Orte sono 10 gli assenti, all’Ellera di Viterbo arrivano a circa 35. Eccezione fa il lceo Ruffini del capoluogo dove il 100% del personale è in regola.
Ma a restringere il campo delle possibilità per non vaccinarsi è arrivata venerdì sera l’ennesima nota da parte del ministero dell’Istruzione in cui si ribadisce che la vaccinazione per professori, Ata e dirigenti scolastici è da considerarsi obbligatoria, a prescindere che il lavoratore sia presente o meno. I casi di esclusione sono previsti espressamente dalla norma e, al di là di quelli, scatta la sospensione dal servizio e dallo stipendio.
Con questa stretta cambia anche il ruolo dei dirigenti. Se sinora in caso di malattia non erano costretti a chiedere il rispetto dell’obbligo vaccinale, d’ora in poi dovranno farlo.
Alcuni no vax delle scuole viterbesi hanno presentato la ricevuta dell’avvenuta prenotazione della prima dose del vaccino. Ma non tutti si presenteranno all’appuntamento: per molti è stato solo un modo per guadagnare tempo. Altri hanno già scelto la strada dell’aspettativa senza retribuzione. “Piuttosto che vaccinarmi, mangerò pane e cipolla”, è una delle prese di posizioni di un docente di Viterbo.
Ma simili scelte hanno anche ripercussioni sull’organizzazione scolastica. “Siamo vicini – spiega Brunella Marconi, segretaria dello Snals Confsal - ai dirigenti scolastici che si trovano a fronteggiare la situazione armati solo di continue note ministeriali poco chiare, anche per la chiamata dei supplenti. Non sanno quando e per quanto tempo possono chiamare un supplente. Eppure questa è l’unica soluzione per coprire le assenze, in quanto ricorrere al personale interno o unire le classi rischia di creare situazioni di promiscuità rischiose per la diffusione del virus”.