«Ringraziami che non ti ho sotterrato». Pesta e violenta la compagna e poi per farsi perdonare le porta rose e un panino con la porchetta. Un 39enne è finito a processo per lesioni e violenza sessuale dopo la denuncia presentata dall’ex. La vittima, una donna di 30 anni, la notte del 17 ottobre 2019 fu massacrata di botte e costretta al sesso. Solo dopo due giorni riuscì a denunciare tutto e a far scattare le manette al suo aguzzino. Ieri in udienza lo ha guardato negli occhi e ha raccontato al collegio tutta la sofferenza vissuta quella notte a Montefiascone.
«Quella sera dovevamo andare a cena fuori - ha raccontato -, siamo partiti da casa e prima di arrivare al ristorante ci siamo fermati in un bar per fare l’aperitivo. Quando siamo ripartiti lui era arrabbiato con me, diceva che gli avevo mancato di rispetto davanti al barista. Ma in realtà voleva solo fare violenza e l’ha fatta a me. Così all’improvviso ha fermato la macchina in una stazione di servizio e mi ha pestato a sangue. Calci e pugni. Mi faceva male, io cadevo e lui gridava che dovevo alzarmi perché non gli piace picchiare la gente quando è a terra. Urlava che mi avrebbe voluto appendere ai ganci del mattatoio per picchiarmi. Poi mi ha raccolto e portato a casa, voleva che cucinassi per lui. Mi ha chiuso nel bagno e mi ha violentata. E quando ha finito di fare i suoi comodi, mi ha detto che dovevo ringraziarlo se non mi aveva seppellito alla stazione di servizio».
La donna, quella notte, dopo aver passato l’inferno si è chiusa in camera. «Sono stata a letto per due giorni.
In aula ieri anche il fratello della vittima, che l’ha accompagnata al pronto soccorso, e l’ispettore della Mobile che ha raccolto la sua denuncia. Agli atti sono finiti anche i messaggi che la donna ha inviato al fratello per chiederle aiuto nel momento di disperazione e quelli che l'imputato furioso avrebbe mandato al fratello per spiegare, secondo lui, cosa era davvero successo. Si torna in aula il 19 marzo per la discussione e la sentenza».