Paghe da fame, Viterbo peggio di Napoli. La Cisl "Lavoro nero e poca formazione, intervenire subito"

Paghe da fame, Viterbo peggio di Napoli. La Cisl "Lavoro nero e poca formazione, intervenire subito"
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Domenica 5 Novembre 2023, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 18:27

Molti viterbesi vivono sotto la soglia di povertà. Quella condizione che porta a misurare ogni singolo euro quando si fa la spesa, a elaborare il menù in base alle offerte dei discount e a rinunciare persino a curarsi quando le liste d’attesa sono troppo lunghe e i soldi per il privato non ci sono. Il dato che cela una realtà sempre più dura per molte famiglie della Tuscia è quello sui salari del settore privato: bassi, tra i più bassi d’Italia. “Serve una radicale rivoluzione nelle politiche attive del lavoro, altrimenti l’impoverimento non potrà che aumentare”, chiosa sfogliando la ricerca il segretario della Cisl, Fortunato Mannino.

Il numero da cui partire è quello relativo alla retribuzione media italiana che nel 2021 – anno di riferimento dello studio - ammontava a 21.868 euro. Il report, elaborato dalla Cgia di Mestre, rivela che un viterbese lavoratore del privato due anni fa ha guadagnato in media 16.409 euro, ovvero 5.460 in meno rispetto alla media nazionale (in percentuale -25%). Il Viterbese si piazza così 74esimo in Italia per “povertà” degli stipendi: appena sopra Napoli, subito dopo Palermo e Catania. Nel resto del Lazio, peggio fa solo Rieti, in 77esima posizione, con 16.267 euro annui, meno 5.601 sulla media nazionale. Più in alto Latina (62esima con 17.736 e meno 18,4% rispetto al dato nazionale) e Frosinone (58esima grazie a 18.576 e meno 15,5%). Solo a Roma i lavoratori guadagnano di più rispetto alla media: la provincia è 22esima grazie a 22.971 euro annui (più 1.103 sul dato nazionale).

Il commento di Mannino è un grido di allarme. “Questi numeri – afferma il segretario della Cisl – significano che il lavoro irregolare impera, nonostante gli sforzi delle autorità preposte per arginarlo.

Una piaga sociale ed economica che provoca un abbassamento dei salari in settori quali i servizi alla persona, l'agricoltura, il commercio. Gli stessi settori in cui negli ultimi anni abbiamo assistito alla diffusione di contratti a ore, stagionali, finti part-time”. Complice di questa situazione allarmante per il sindacato è anche “la giungla costituita dagli oltre 900 contratti esistenti. Occorre – continua Mannino - una riforma contrattuale serie, accorpando e sottoscrivendo quelli delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, unico baluardo per avere paghe adeguate”.

Nella spirale di impoverimento che coinvolge la Tuscia c’è anche il paradosso della difficoltà di trovare figure professionali e manodopera qualificata da parte delle aziende locali. E qui siamo alle politiche attive del lavoro che per la Cisl vanno modificate profondamente. “I centri per l’impiego – conclude il segretario – devono diventare veri trait d’union tra la domanda e l’offerta. Offerta che va creata investendo sulla riqualificazione delle persone in cerca di occupazione, dando loro una adeguata formazione per rispondere alle richieste inevase di lavoratori. Se non si inverte questa tendenza, complice un costo della vita in continua corsa, le conseguenza sociali saranno drammatiche”.

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