Il Papa e i 21 nuovi cardinali, un conclave sempre meno italiano e al prossimo Sinodo avanza la fronda dei porporati dei 'Dubia'

Il Papa e i 21 nuovi cardinali, un conclave sempre meno italiano e al prossimo Sinodo avanza la fronda dei porporati dei 'Dubia'
di Franca Giansoldati
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Domenica 1 Ottobre 2023, 10:30

Sono lo specchio del pontificato di Francesco che parla sempre meno italiano e scommette sempre più sul resto del mondo. I ventuno nuovi cardinali creati ieri mattina sul sagrato di San Pietro sotto il sole di settembre, racchiudono ancora una volta le sue scelte strategiche di dar voce alle periferie del pianeta. Juba, in Sud Sudan, Tabora in Tanzania, Penang in Malesia, Hong Kong, Cordoba in Argentina, Gerusalemme, Bogotà in Colombia e Cape Town in Sudafrica.

IL CONCLAVE

Se nel 2013 i Paesi rappresentati al conclave che elesse Bergoglio erano 48, il numero è salito a 68. «La Chiesa non vive di rendita e tanto meno di un patrimonio archeologico» ha scandito il Papa durante il rito solenne.

Dei ventuno cardinali tre sono ultraottantenni (quindi esclusi dal conclave) e 18, invece, con diritto di voto benché l'eventualità di un conclave a breve resta un esercizio filosofico poiché di dimissioni al momento non se ne parla affatto. Tuttavia il nono concistoro di Francesco ha fatto inevitabilmente partire speculazioni su come si potranno orientare i cardinali di matrice bergogliana, considerando che sono la maggioranza schiacciante degli elettori: 99 contro i 29 fatti da Benedetto XVI e 9 da Giovanni Paolo II. Quando sarà il momento, a loro spetterà il compito di eleggere il successore di Pietro ma non è scontato che possa uscire un Francesco II di stampo riformatore e progressista. Le dinamiche conclavarie hanno sempre logiche sfuggenti e ben poco prevedibili, come dimostra la storia.

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I nuovi cardinali italiani sono tre e tutti pesi massimi: Claudio Gugerotti, prefetto delle Chiese Orientali, conoscitore del mondo bizantino (russo, ucraino, armeno e georgiano parlati fluentemente); il francescano Pierbattista Pizzaballa, biblista, patriarca e già Custode della Terra Santa e il non votante ultraottantenne Agostino Marchetto, storico del Vaticano II, figura di riferimento per il prossimo super Sinodo («chi dice che è una specie di Concilio sbaglia di grosso»).


A tutti Francesco ha chiesto compattezza e si è affidato alla metafora musicale della sinfonia. «Se ascoltate solo voi stessi, per quanto sublime possa essere il suono, non gioverà alla sintonia. Dobbiamo rispecchiarci nella immagine dell'orchestra per imparare meglio ad essere Chiesa sinfonica e sinodale». Un richiamo che cade in un momento delicatissimo in cui la polarizzazione tra ala liberal e ala conservatrice non è mai stata tanto evidente. Al punto che proprio alla vigilia del Sinodo che inizierà il 4 ottobre sotto la spinta delle richieste della Germania di rivedere il sacerdozio femminile, il celibato maschile, la benedizione alle coppie gay, la morale sessuale ha mobilitato un gruppo di cardinali allarmati per un eventuale cambio della dottrina in materia. I cardinali hanno scritto al Papa esprimendo dubbi e chiedendo un intervento fermo per bloccare aperture pericolose.

I DUBBI

Ieri mattina se ne parlava al concistoro e il prefetto del Dicastero della Fede, l'argentino Victor Manuel Fernandez, neo cardinale si è limitato a smorzare il clamore affermando che quei cardinali «evidentemente hanno sempre dei dubbi, è una costante, bisogna però rispettare le loro passioni, ognuno ha la sua passione. Il Papa ha la libertà di rispondere o no, valutare se chiudere una questione o discuterla come si farà anche al Sinodo, liberamente». Nei giorni scorsi su Facebook Fernandez aveva fatto capire che il Sinodo non farà grandi aperture. «Per alcuni argomenti servono anni di consultazioni e commissioni, teologiche. Ci vorrà tempo». Quindi la Chiesa non ha chiuso la porta? «Non c'è la porta chiusa».

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