Terni, dopo il sisma il virus
Alessandro, nuova sfida nella residenza protetta
dove tutti gli infermieri sono positivi

Alessandro Cecchi il primo da destra
di Lorenzo Pulcioni
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Mercoledì 6 Maggio 2020, 09:05 - Ultimo aggiornamento: 18:39

«Voglio dare una mano e tornare con un bagaglio formativo arricchito». Alessandro Cecchi, 35 anni, di Arrone, è volato in Sardegna per combattere il Covid-19 nelle residenze per anziani. «Si presenta come una normale influenza - spiega - per alcuni rimane così, ma chi è sfortunato evolve una polmonite bilaterale interstiziale. Ed è come affogare». Infermiere al pronto soccorso e al 118 di Spoleto, Alessandro fa parte dei 500 volontari scelti dalla Protezione Civile per lavorare nelle zone più colpite dall'emergenza. Cinquecento su 9.000 domande pervenute. «Sono le situazioni in cui puoi mettere in pratica ciò che hai studiato» racconta. Dopo il pre-triage a Roma, dove è stato sottoposto a tampone (ovviamente negativo), è stato mandato a Sassari perché 38 infermieri sono finiti in quarantena dopo essersi contagiati nelle residenze per anziani. Specializzato in terapia intensiva ed emergenza territoriale, Cecchi ha prestato servizio durante i terremoti di L'Aquila e Norcia come supporto ambulanze e ospedali da campo: «Mi sono formato in area critica e gestione della maxi emergenza. Ho iniziato come volontario alla Croce Verde di Ferentillo. Da piccolo non sognavo di fare l'infermiere, mi sono appassionato con il tempo. E' un lavoro per cui bisogna essere portati».
Il 24 aprile viene contattato dalla Protezione Civile. Ha il profilo giusto e poche ore dopo gli viene assegnato l'incarico: «Ho riflettuto se fosse giusto andare. In fondo non sapevamo cosa potessimo incontrare. In Umbria ci sono stati pochi casi, ma colleghi di Bergamo ci hanno raccontato una vera apocalisse. Ho deciso di partire, la condizione era che il mio reparto a Spoleto non fosse in sofferenza». Con lui a Roma il 30 aprile c'erano 150 infermieri, sette sono risultati positivi asintomatici e non sono partiti. Il 1° maggio un aereo della guardia di finanza l'ha portato insieme ad altri otto ad Alghero, da lì ha raggiunto Sassari. Altri sono stati mandati in Abruzzo, Lombardia, Val d'Aosta e Marche. Nella residenza per anziani dove è stato assegnato ci sono 110 pazienti, almeno 60 sono positivi e gli altri in attesa di responso del tampone. «Dividiamo negativi e positivi, facciamo attenzione ai percorsi e alla pulizia. Utilizziamo tutti i Dpi necessari. Lavoriamo in sicurezza. Gli ospiti sono in stanza singola, divisi in tre aree: rossa per i positivi, grigia per i sospetti e bianca per i negativi. Sono tutti malati non gravi, ovviamente non ricevono visite». Il vero problema, a Sassari come altrove, è trovare gli asintomatici: «Colleghi positivi asintomatici sono guariti, ma dopo il secondo tampone negativo, a distanza di tempo, si sono re-infettati. Pensavano di aver sviluppato l'immunità, invece sono stati molto male. Altri sono guariti, sono tornati al lavoro e non gli è successo niente».
Il problema è trovare gli asintomatici. Solo screening di massa, tamponi e test sierologici, potrebbero trovare tutti i guariti e gli asintomatici. Ma ci vuole tempo ed è chiaro che non è possibile fare i test a tappeto: «Bisognerebbe partire da medici, infermieri e chi lavora a contatto con il pubblico o altre persone. Finché non avremo il vaccino conclude - non ne usciremo. Nel frattempo bisogna conviverci seguendo le norme, evitando assembramenti, mantenendo la distanza ed utilizzando i dispositivi di protezione. Le pandemie storicamente non hanno un solo picco. Non bisogna abbassare la guardia, il virus si potrebbe ripresentare».

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