Da più parti, sin da subito, si è levata la protesta dell’inconciliabilità fra queste misure e buona parte degli eventi, soprattutto quando questi si svolgano nei centri storici, come appunto Umbria Jazz. Venerdì scorso, la serata di esordio del Festival nato nel lontano 1973, è apparso subito sproporzionato, ingombrante e fastidioso, l’ambaradan di pseudo sicurezza posto in essere: transenne su Piazza IV Novembre e lungo Corso Vannucci, blocco ai Giardini Carducci, percorsi obbligati innaturali e, soprattutto, tanta, tanta, troppa polizia con addirittura i blindati schierati in Piazza Matteotti. Normalmente la presenza delle forze dell’Ordine è motivo di rassicurazione per l’opinione pubblica che ne apprezza la funzione, ma tutto ciò è vero quando essa è in termini ordinari proporzionali alle reali esigenze.
Se ragionassimo come fanno gli Americani che per ogni tipo di attività pubblica pongono come priorità l’analisi economica, valutando il rapporto costo-benefici, beh, l’applicazione della circolare Gabrielli, venerdì per altro personalmente presente a Perugia, appare sproporzionata e spropositata. Ci saranno state ragioni concomitanti a cominciare dalla Notte Rosa sulla Riviera romagnola, ma in alcuni punti della città è parso che ci fossero più poliziotti che pubblico. È vero, come lo stesso capo della Polizia sostiene, che la sicurezza è al primo posto, ma anche questa va garantita con forme e sistemi che siano compatibili nei costi nonché con modalità che non giungano ad infastidire o addirittura ad inibire lo svolgimento delle manifestazioni. Occorre evitare di giungere a semplici dimostrazioni di muscoli perdendo di vista il vero obiettivo che è quello di rasserenare e non di allarmare i cittadini. Ogni osservatore avrà potuto constatare come nei nostri centri storici, anche in occasione di grandi eventi, vi sono concentrazioni di persone normalmente molto inferiori a quelle che si possono trovare nelle ore di punta nei centri commerciali o nelle multisale cinematografiche. Eppure il trattamento di sicurezza è notevolmente differente.
C’è qualcosa che, quindi, non va e va ricalibrato. L’esperienza di Torino, nella sua gravità, deve essere colta come occasione di riflessione propositiva, evitando che qualcuno diventi più realista del re, ingenerando così un meccanismo a cascata che comporti un eccessivo ampliamento delle misure di sicurezza che determina poi effetti negativi quali il disincentivo del pubblico a partecipare alle manifestazioni o, peggio ancora, la rinuncia all’organizzazione da parte dei promotori. Sarà bene, quindi, che Prefetti e Questori, magari in armonia fra loro, provvedano ad applicare la circolare Gabrielli in modo duttile, considerando la tipologia delle manifestazioni, le caratteristiche di chi vi aderisce e quindi più complessivamente il reale grado di pericolosità, modulando così le misure e la presenza delle forze dell’Ordine allo stretto necessario, con un occhio al costo per l’erario e all’effetto che si produce sull’opinione pubblica.
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