Per mafia o per terrorismo: ternani caduti, la memoria è viva

Stefano Picerno, vigile del fuoco morto a Milano nel 1993; Sergio Secci, ucciso nella strage di Bologna; Roberto Antiochia, morto per mano della mafia. Terni ricorda le sue vittime

Stefano Secci, morto nella strage di Bologna
di Alberto Favilla
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Mercoledì 2 Agosto 2023, 08:01 - Ultimo aggiornamento: 20:10

IL RICORDO

Per non dimenticare. Il ricordo di questi giorni è per gli eroi ternani che se ne sono andati, in maniera tragica, mentre svolgevano il proprio dovere, difendere lo Stato. E in comune c'è il fatto che la loro dipartita tutti giovani - è avvenuta per tutti loro in estate, di questi giorni, a cavallo tra luglio ed agosto. Il primo a morire è stato l'intellettuale Sergio Secci, era il 2 agosto del 1980, alla stazione di Bologna, poi sempre ad agosto, il giorno 6 ma del 1985, se n'è andato per sempre Roberto Antiochia, il poliziotto che era di scorta al commissario Ninni Cassarà a Palermo, quindi è toccato a luglio, ma del 1993, a Stefano Picerno, il vigile del fuoco di San Giovanni in servizio a Milano, appena tornato dal viaggio di nozze.

LE STORIE

Ma andiamo a ripercorrere le storie di questi tre giovani ternani. Quel maledetto 2 agosto del 1980 Sergio Secci aveva solo 24 anni e si era trasferito a Bologna per frequentare il Dams dove si era laureato brillantemente, addirittura con la lode. Sergio Secci quella mattina era alla stazione di Bologna in attesa del treno per Bolzano, partenza alle ore 10 e 50 dal binario ovest. In programma aveva un colloquio di lavoro. Alle 10 e 25 la stazione venne devastata da un boato, un'esplosione. Sergio viene trasferito gravissimo all'ospedale Santa Maggiore in gravissime condizioni. Morirà dopo cinque giorni di agonia. In realtà fu una strage firmata dal terrorismo neofascista che uccise 85 persone e sconvolse per sempre l'Italia. Francesco Pullia era l'amico del cuore di Sergio Secci. «Sergio continua ad essere tra di noi ogni volta che rifiutiamo di darci per vinti argomenta Pullia - e facciamo si che una pagina di Walter Benjamin, Theodor Adorno e Max Horkheimer ci spinga ad accedere al presente resistendo con le nostre ali alla tempesta, apparentemente insostenibile che ci investe e vorrebbe travolgerci. Mi chiedo spesso cosa direbbe Sergio se fosse ancora qui e potesse leggere e interpretare gli accadimenti che nella loro drammatica contraddittorietà stiamo vivendo. Sicuramente ci spronerebbe a non indulgere nella rassegnazione, nell'avvilimento». Cinque anni dopo la strage di Bologna è il 6 agosto del 1985 - Cosa nostra decide di ammazzare il Vice Questore di Palermo Ninni Cassarà e la sua scorta, il "suo" poliziotto più fidato, Roberto Antiochia, un ragazzo nato a Terni nel giugno del 1962, quindi di appena 23 anni. Roberto aveva frequentato il liceo artistico dove aveva conosciuto Cristina la sua prima e unica ragazza. A soli vent'anni entrò in servizio presso la Questura di Torino per poi passare alla Criminalpol di Roma, quindi il 1 giugno del 1983 il trasferimento alla squadra mobile di Palermo. Quel 6 agosto del 1985 Roberto stava riaccompagnando a casa Cassarà con una alfetta bianca blindata quando, arrivati sotto casa, lui e Cassarà furono colpiti da una piggia di proiettili di Kalashnikov. Roberto morì sul colpo perché con il suo corpo provò a fare da scudo al vice questore Cassarà.
Stefano Picerno, il ragazzo di San Giovanni, che frequentava il campetto "rosso" - nel progetto di riqualificazione i suoi amici e i Vigili del fuoco di Terni vorrebbero intitolargli la piazza - è l'ultimo a morire. E' il 27 luglio del 1993, esattamente trent'anni fa. Fu la mafia ad ordinare quell'attentato in via Palestro a Milano dove morirono anche altri due vigili del fuoco, un vigile urbano e un ragazzo che stava dormendo su una panchina. L'obiettivo era costringere lo Stato ad allentare l'azione di contrasto al crimine (Era stato appena messo in vigore il 41 bis). Stefano Picerno, che amava i Beatles e i Rolling stones, era appena tornato dal viaggio di nozze e quella notte aveva sostituito un collega. «Sono passati trent'anni ma mio fratello vive ogni giorno dentro di me dice Elisabetta, la sorella Stefano amava vivere. Tornare l'altro giorno sul posto maledetto in via Palestro mi fa tornare in mente mia mamma inginocchiata su quella voragine. Morì di lì a poco di dolore. Una guerra, quella contro la mafia, che secondo me non finirà mai».

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