Ruba un tesoro all'Università di Perugia con il trucco del “flag”: ecco come ha fatto

Ruba un tesoro all'Università di Perugia con il trucco del “flag”: ecco come ha fatto
di Egle Priolo
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Martedì 14 Novembre 2023, 11:03

PERUGIA - Ha rubato all'Università un piccolo tesoro e ora dovrà restituire ben 250mila euro. Centinaia di migliaia di euro sottratti per anni dalla cassaforte dell'ospedale veterinario dalla responsabile che aveva trovato il modo di aggirare i controlli con un giochino di spunte rimosse dalle fatture per rendere gli ammanchi praticamente trasparenti. Ma prima il suo superiore, poi la guardia di finanza e infine la magistratura, penale e contabile, hanno scoperto il trucco e adesso Serenella Bellavita, già responsabile amministrativo del Dipartimento di Medicina veterinaria in servizio all'Ovud, è stata condannata dalla Corte dei conti a restituire ben 250mila euro all'Università degli studi.

I fatti risalgono al 2020, quando il direttore della struttura Fabrizio Rueca, insieme alla segretaria amministrativa, in un esposto segnala degli ammanchi dalle casse dell'ospedale veterinario universitario didattico, struttura che – oltre al supporto alle attività didattiche del Dipartimento – eroga servizi veterinari a pagamento, proprio quelli che mancavano dai conti. All'inizio si parla di oltre 200mila euro, poi il rettore Maurizio Oliviero fa costituire una commissione interna allo stesso ateneo, per ricostruire a ritroso il percorso dei soldi, che quantifica gli ammanchi in quasi il doppio: 382.729,67 relativi agli anni dal 2014 al 2020.
Si muove subito la procura della Repubblica insieme alla guardia di finanza e si arriva presto all'avviso di conclusione delle indagini e ai primi passi del processo penale. Ma nel frattempo la procura della Corte dei conti avvia il suo procedimento e arriva ad accusare sia la responsabile Bellavita che la segretaria amministrativa che con Rueca si era accorta del buco. Davanti alla magistratura contabile, la segretaria – assistita dall'avvocato Lietta Calzoni – ha ribadito la sua estraneità ai fatti e soprattutto la sua mancanza di responsabilità riguardo all'accusa di mancato controllo contestata dalla procura. Posizione che la Corte presieduta da Piero Floreani ha accolto, tanto da assolverla da ogni contestazione e riconoscendole anche tremila euro di oneri difensivi.
Diversa la posizione di Bellavita che, difesa dall'avvocato Carlo Chiappetta, non ha mai negato le proprie responsabilità che la procura ha ricostruito così: «Dopo l'avvenuto pagamento da parte del cliente della singola prestazione, nel sistema gestionale UGOV era "flaggata" la voce "fattura quietanzata"», ma in seguito «il suddetto "flag" veniva rimosso. Così operando, il denaro riscosso poteva essere sottratto». La dipendente quindi non ha negato ma ha cercato se non altro di ridurre la richiesta. Non solo evidenziando una patologia legata alla dipendenza da gioco («ma non è stata riconosciuta incapace di volere le proprie azioni e di comprenderne il senso e la gravità», ricorda Floreani), ma anche rifacendo i conti su quanto sottratto. Sia dimostrando alcuni pagamenti inizialmente non conteggiati, sia contestando la precisione delle somme evidenziate nei conti della commissione tecnico operativa. Tanto che la Corte dei conti, pur riconoscendo il danno ingente e il «dolo evidente», ha deciso di riquantificare il risarcimento: dai quasi 400mila euro richiesti a 230mila. A cui si aggiungono altri 20mila euro (la procura ne chiedeva il doppio) per il danno da disservizio che la dipendente ha causato alla pubblica amministrazione e quasi 1.200 euro di spese processuali.
Tutto questo nelle more del processo penale per peculato a suo carico, in cui rischia addirittura la reclusione, dopo che all'inizio dell'inchiesta la procura della Repubblica aveva chiesto e ottenuto il sequestro di beni per 170mila euro tra un immobile, un terreno, un’automobile e diversi titoli obbligazionari.

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