Torgiano, piante di marijuana nel giardino di casa: padre e figlio arrestati. La difesa: «E' per uso terapeutico»

Il tribunale di via XIV Settembre
di Enzo Beretta
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Martedì 25 Luglio 2023, 18:00
Blitz dei carabinieri in una casa di Torgiano dove sono stati arrestati padre e figlio, di 63 e 33 anni, finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di aver coltivato nel giardino dell'abitazione piante di marijuana. Il pm Patrizia Mattei parla di «ampiezza e professionalità dimostrata nella coltivazione» di cannabis «particolarmente rigogliosa proprio per via delle perduranti attenzioni su di essa profuse che risultano evidenti dall'altezza delle piante e dal peso delle infiorescenze anche delle piante più piccole». I due avevano allestito nel giardino una serra con strumentazione per irrigare e riscaldare dieci piante di cannabis per un totale di quasi 150 grammi di ‘erba’. Otto, per la precisione, erano alte circa 170 centimetri (senza infiorescenze), fuori dallla serra ce n’erano altre due coltivate in un paio di vasi. Non mancava davvero niente: c’era un impianto di irrigazione, numerose lampade, kit per la verifica del Ph e «fluenti istruzioni per la coltivazione» insieme a strumenti atti alla predisposizioni di dosi (bilancini, coltellino). Sequestrati, inoltre, una grow box («struttura composta da un telaio in alluminio e una copertura in materiale di plastica predisposta per la coltivazione della cannabis»), una ventola di aerazione, due lampade Philips da 400 watt, un trasformatore di corrente, una bottiglia di acido fosforico, un paio contenenti fertilizzante liquido, scatole e barattoli di fertilizzante in polvere. Prosegue il magistrato inquirente: «La conformità delle piante al tipo botanico della cannabis e la loro intrinseca ed estrinseca idoneità a produrre stupefacente, la natura tecnico-agraria della stessa, congiuntamente alla presenza presso l'abitazione di ulteriore stupefacente detenuto da padre e figlio (tra i quali infiorescenze di cannabis), oltre alla presenza di un 21enne che deteneva con sé, per evidenti fini di spaccio, ulteriori 73 grammi di hashish, rende sussistente sia la prevedibilità concreta della produttività dell'attività di coltivazione, sia l'inserimento degli indagati nel mercato dello stupefacente e determina il sicuro incremento dell'entità di stupefacente in circolazione». Padre e figlio, difesi dall’avvocato Michele Morena, nel corso del processo per direttissima che riprenderà il 9 agosto davanti al giudice Marco Verola, spiegheranno che l’utilizzo di quellla cannabis serviva per «scopi terapeutici» (sulle prime hanno riferito di coltivare quelle piante per «uso personale»). Ieri, intanto, hanno ottenuto la libertà. La pubblica accusa è stata rappresentata in aula dal pm Filomena D'Amora.
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