Lasciano una pinza di 20 centimetri
nella pancia di un paziente

Lasciano una pinza di 20 centimetri nella pancia di un paziente
di Egle Priolo
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Lunedì 24 Febbraio 2014, 22:06 - Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 08:15
PERUGIA - D’acciaio. Pesante. Lunga tra i 14 e i 20 centimetri. Non proprio uno spillo. Eppure, dimenticata, stata infilata e richiusa dentro la pancia di un paziente.

Una pinza chirurgica lasciata nel corpo di un uomo, errore «madornale» per cui quattro professionisti, medici e infermieri, sono stati condannati dalla Corte dei conti. Condannati a pagare 19mila euro all’Azienda sanitaria di Perugia per il danno erariale conseguente al risarcimento dei danni causati all’uomo che ha custodito nel suo addome uno strumento chirurgico per quasi due mesi.

La storia inizia il primo aprile 2009 ma per il paziente è stato tutt’altro che uno scherzo. Ricoverato d’urgenza in Chirurgia per una pancreatite acuta, viene operato il 16 aprile con un intervento programmato di colicistectomia. Il 22 viene dimesso: sta bene e i medici parlano di decorso post operatorio regolare, come ricordano nella sentenza i giudici contabili. Ma il 10 giugno l’uomo torna in ospedale: ha terribili dolori all’addome. E la radiografia spiega il perché: in pancia ha una pinza chirurgica da forcipressura.



L’uomo allora viene di nuovo operato per estrarre la pinza. Una volta fuori chiede il risarcimento per quella dimenticanza. «Risultando pacifica la responsabilità della struttura sanitaria», la storia in quel momento si chiude con il pagamento dell’assicurazione: 24mila euro al paziente e tante tante scuse.

Ma per la magistratura contabile la storia non finisce così: l’errore c’è stato, il danno anche e il procuratore capo della Corte dei conti, Agostino Chiappiniello, chiede ai carabinieri del Nas di capire cosa è successo in quella sala operatoria. Emerge così la responsabilità dei due chirurghi, Roberto Cristofani e Alessandra Servoli, ma anche dell’infermiera strumentista Rossana Anastasi e dell’infermiere di sala Domenico Marianantoni. Da cui il procuratore Chiappiniello rivuole indietro quei 24mila euro. Sono responsabili, dice, «per grave colpa professionale, gli infermieri che hanno effettuato la conta dei ferri» e i medici «che avrebbero dovuto usare maggiore attenzione». Al di là delle linee difensive (avvocati Mario Cartasegna, Paolo Fantusati, Marco Masante e Antonio De Angelis) che hanno attaccato le scelte dell’Azienda sanitaria riguardo assicurazioni e franchigie, la sentenza firmata dai giudici Furio Maria Longavita, Acheropita Mondera e Antonio Di Stazio racconta dell’errore nel contare i ferri usati durante l’operazione di routine. Un’infermiera che arriva tardi, il collega che l’aiuta nel frattempo e gli strumenti contati per 70 e che invece sono 71. Una differenza di 20 centimetri di acciaio pesante.

Un particolare per cui i giudici, dando ragione a Chiappiniello, parlano di dimenticanza «madornale e grossolana». Da qui la condanna ai quattro professionisti, anche se con sfumature diverse. I giudici, infatti, hanno considerato «gravemente negligente» il comportamento dei due chirurghi che hanno «materialmente lasciato la pinza», attribuendo il 50 per cento (9.500 euro) della responsabilità al primo operatore, Cristofani, e il 30 (5.700 euro) al secondo, la dottoressa Servoli. Il 15 per cento del danno è stato attribuito all’infermiera (2.850 euro) e il 5 per cento al collega Marianantoni (950 euro) che «seppur ispirato da intenti collaborativi» ha creato le premesse per l’errore della pinza d’acciaio. Pesante come la condanna.
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