Perugia, auto e viaggi con i soldi dei creditori: imprenditori a processo. Ma ne usciranno puliti

Perugia, auto e viaggi con i soldi dei creditori: imprenditori a processo. Ma ne usciranno puliti
di Egle Priolo
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Mercoledì 10 Aprile 2024, 09:00

PERUGIA - Soldi regalati ai soci per oltre centomila euro. E poi tute e completi sportivi fatti sparire come per magia in un giro di fatture false. Alla faccia dei creditori. È così che i due amministratori di una società, nota nell'ambiente sportivo perugino, sono finiti sotto processo per bancarotta semplice e soprattutto bancarotta fraudolenta, in danno di chi ha inutilmente provato a recuperare i propri soldi. E che, almeno dalla giustizia penale, non avrà giustizia.

L'inchiesta risale al 2014, con il fallimento della srl dichiarato dal tribunale di Perugia nel marzo del 2013. Ma i due componenti del consiglio di amministrazione sono stati accusati dalla procura di aver «aggravato il dissesto della impresa omettendo, per colpa grave, di richiedere il proprio fallimento quando già, nel corso dell'esercizio 2010, era evidente e concreto lo stato di insolvenza». Bancarotta semplice per la legge fallimentare.
Più grave il capo di imputazione che invece parla di bancarotta fraudolenta, con i due imputati accusati di aver distratto «mediante l'emissione di false fatture» diversi beni della società. Con l'obiettivo, spiega la procura, «di recare pregiudizio ai creditori».
In base alle contestazioni, i due amministratori avrebbero «distratto o occultato» articoli sportivi, come kit completi firmati, del valore di oltre 17mila euro emettendo la prima fattura del 2011 nei confronti di un'associazione sportiva del Trasimeno, ritenuta però falsa dagli inquirenti. Come quella da quasi ottocento euro del maggio 2010 a favore di un'altra società per far sparire altre tute di marca. Ma il pezzo forte della presunta bancarotta fraudolenta sta in quei ben 136mila euro in totale, usciti dalle casse dell'azienda. Come? Attraverso, spiega il pubblico ministero nel capo di imputazione, erogazioni «in favore dei soci a titolo di rimborsi spese e compensi pur in assenza di una delibera che autorizzasse detti esborsi e pur risultando il fatturato complessivo della società alla data del 31.12.2010 di soli € 436846,00».

Soldi sembra – dai racconti dei creditori – finiti tra viaggi e auto di lusso, con uno dei due imputati in particolare definito come più avvezzo alle compere e alla bella vita. Ma in ogni caso, quei soldi non sono finiti nelle tasche di chi aveva diritto di riceverli. Magari per carichi pagati e mai arrivati o fatture evase anche in mancanza della merce acquistata.

Anche perché, sempre secondo le accuse, la gestione economica dell'srl è apparsa agli inquirenti come piuttosto creativa. Ai due imputati, infatti, si contesta di tenere «i libri e le altre scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari». Con la contabilità aggiornata solo fino al dicembre del 2011, omettendo anche per due anni, 2010 e 2011, di presentare i bilanci di esercizio. Senza considerare la nebbia e il fumo negli occhi per gli investigatori che hanno dovuto ricostruire il percorso di quelle fatture «emesse per operazioni inesistenti».
E che resteranno inesistenti, quasi certamente, anche per la giustizia. Il processo ai due imputati, difesi dagli avvocati Emma Contarini e Vincenzo Maccarone, veleggia infatti verso il nulla di fatto. E per economia processuale, considerati anche decine e decine di testimoni pronti ad arrivare in aula chiamati sia da accusa che da difesa, dopo anni di rinvii e cambi di collegio, sembra questa la via da preferire per la giustizia. E così, se il reato di bancarotta semplice è già prescritto, con l'ultimo rinvio al maggio del 2025 - stabilito ieri in aula - si prescriverà anche la fraudolenta. A undici anni dalle contestazioni. Con buona pace delle parti offese.

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