Nella Giornata Mondiale delle Malattie Rare, torna a parlare Serena Grigioni, la quarantenne di San Gemini che dal 2005 ha scoperto di essere affetta da Neuropatia delle piccole fibre periferiche e autonomiche. Una patologia rara che coinvolge e danneggia le fibre nervose, che perdono così la loro funzionalità naturale.
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La lotta durata 18 anni
Una lotta la sua iniziata diciotto anni fa che nel 2015 ha deciso di trascrivere anche in un libro, "Finché si è in piedi si va in scena".
La diagnosi definitiva
«Ho avuto la diagnosi definitiva solo nel 2014, dopo diversi interventi di resezione intestinale, e tanto tantissimo ospedale». Un percorso lungo e tortuoso che, ad oggi, conta ben undici interventi, di cui quattro all’intestino, quattro alla vescica e due, gli ultimi, cardiochirurgici. «Mi dico sempre - continua - questo è l'ultimo. Quasi per scongiurarne altri, mi ero anche fatta il piercing sulla lingua, un desiderio di quando ero una ragazzina, ma purtroppo l'ho dovuto togliere».
Le cure
Nonostante le difficoltà, Serena non si è data per vinta. «Dopo il primo ricovero – racconta ancora – ero scioccata, distrutta. Ovviamente a causa della lunghissima degenza ho perso un anno all’università e ho pensato seriamente di abbandonare tutto. Poi però pensandoci meglio ho cambiato idea. Fare il medico era il mio sogno di sempre e ho deciso di non permettere alla malattia di togliermelo. Così mi sono laureata, specializzata e ho cercato di rendere compatibile la professione con la malattia. Oggi lavoro con l’Asl nell’ambito della nutrizione artificiale. Chi meglio di me (Serena è stata alimentata per mesi con il sondino e per endovena ndr) poteva sapere e capire cosa significhi e come accompagnare chi si trova in questa situazione?».
La lotta social
Oltre a quella contro la malattia, la sua lotta Serena la combatte via social, organizzando raccolte fondi ed eventi per poter finanziare la ricerca. Come quello con i giocatori della Lazio. «Ci siamo dovuti fermare a causa della pandemia ma quest’anno voglio rimetterlo in piedi. E’ fondamentale che la ricerca sia finanziata, che vada avanti. Se mi fossi ammalata oggi, probabilmente mi sarei risparmiata alcuni degli interventi invasivi che invece ho subito proprio per le poche informazioni sulla malattia e la mancanza di una diagnosi. Convivere con una malattia rara - chiude - significa combattere per essere ascoltati, per trovare qualcuno che si interessi del tuo caso, per arrivare ad avere una diagnosi corretta, per cercare una cura. Significa combattere contro qualcosa di sconosciuto che a volte ti distrugge completamente e ti toglie le energie e le speranze. Significa combattere contro i pregiudizi di chi ti vede ridere o camminare e pensa che in fondo non stai così male. Chi non sa, non può immaginare cosa significhi vivere ogni giorno con questa malattia».