Mario Magaldi: un campione di calcio e di bellezza. Aveva vinto lo scudetto con la Lazio ma quello riserve negli anni Cinquanta

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Venerdì 24 Aprile 2020, 19:11 - Ultimo aggiornamento: 19:56
Narni La sua mamma, Aida, era una maestra elementare, ed insegnava in una scuola femminile del centro storico di Narni. Quando Mario Magaldi era obbligato ad entrare per salutarla, la classe si ammutoliva immediatamente. Come diceva un film dell’epoca “Bellissimo”. Ma anche bravo, s’intende, col pallone ci sapeva fare parecchio. Altrimenti la Lazio non l’avrebbe prima osservato e poi addirittura acquistato per il proprio settore giovanile. Però la storia di Mario Magaldi, mediano, mezz’ala come ricorda pure Adiberto Favilli, anch’egli calciatore, parte proprio da Narni e si intreccia con un’altra quella di Renato Pace, detto “Bao. Lui era grande tifoso della Lazio e fu il tramite, quando non esistevano le reti di osservatori odierni. Insomma Magaldi: primi calci alla Narnese, grande evidenza, tra l’altro lui era alto un metro e ottanta, piedi buonissimi, visione del gioco sempre interessante. Un sacco di squadre di categoria superiore si erano messe in fila per parlare col presidente della Narnese ma Magaldi riuscì a fare un provino alla Lazio. L’allenatore Alfredo Notti non se lo lasciò scappare. “Lo prendiamo dissero i dirigenti della Lazio, capeggiati dal presidente Remo Zenobi - Veniamo a Narni”. E sul bancone refrigerante della macelleria di Bao venne messa la firma: alla Narnese sarebbe andato un premio di 150.000 lire e la promessa di una partita al san Girolamo con la prima squadra della Lazio. Intanto aveva anche partecipato al Torneo di Viareggio e l’anno dopo anche alla preparazione estiva con la prima squadra.
Magaldi era forte davvero e nella squadra biancoceleste divenne un leader incontrastato. E perchè non arrivò in prima squadra, allora? Davanti aveva due nordici, il norvegese Ragnar Larsen e lo svedese Sigvard Lofgren, pagati a peso d’oro, convinta com’era di aver trovato gli eredi di Green, Liedholm e Nordahl. “Facevano giocare sempre loro, anche quando erano fuori forma – ricorda Mario - Dovevano tenere su il prezzo mentre io ero costato solo centocinquanta mila lire”. Per Magaldi si apriva comunque una prospettiva molto interessante: era titolare, il gioco di parole può far sorridere, della “squadra riserve”, dove si mettevano in mostra i futuri campioni e che era usata anche per le stelle che rientravano da un infortunio o che erano fuori forma. Era la famosa squadra B, che oggi in tanti vorrebbero rimettere in piedi. Ma nel 1951 /52 quel campionato esisteva e la Lazio non era nemmeno tra le favorite.
Per un ragazzo ventenne non era facile arrivare da Narni in una città tentacolare: “La vicinanza col jet set c’era – ricorda Mario – il mondo era davvero diverso, meno complicato. Non era difficile uscire la sera, andare a Via Veneto e nemmeno trovare amicizie”. Modelle, starlet di ogni tipo giravano come le falene dietro ai giocatori. Ma anche grandi attrici, che Mario conosceva e frequentava: lo fanno anche adesso, e pure negli Anni Cinquanta del secolo scorso. Un po' di gossip, qualche foto notturna su Il Messaggero, episodi da Dolce Vita, l’aveva anche interessato, ma Mario era un tipo scanzonato e non dava importanza ad amicizie importanti, anche molto importanti. Era un tipo genuino, quando c’era da discutere con l’allenatore non si tirava indietro e qualche volta, non convocato, nemmeno andava allo stadio, che era il “Torino”, che oggi non c’è più, dove giocava la seconda squadra biancoceleste: oggi si chiama Stadio Flaminio. Comunque il campionato “riserve” fu un successo per la Lazio che lo stravinse: dietro arrivarono squadroni come il Milan e l’Inter mentre la Roma si perse per strada. La Lazio andò a vincere a Milano, a Torino, a Firenze. Magaldi primeggiò: la sua forza e classe vennero annotate sui taccuini degli addetti ai lavori. Il suo carattere fu l’ostacolo su cui battè insieme a qualche piccolo incidente, tutti tasselli per non convincere appieno Prestito in Umbria, al Foligno, in Quarta Serie, in attesa di capire quale sarebbe stata la sua maturazione. Un incidente al ginocchio lo mise fuori dal giro che contava. Intanto aveva conosciuto Emilia, quella che divenne la moglie: un impiego una vita più regolare, famiglia molto unita, un grande legame con Narni mai interrotto. Ed ora a novanta anni a guardare le sue foto sbiadite e a parlare della sua gioventù, bella, spensierata. E di qualità.
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