PERUGIA - «Io sono una vittima e anche Alex. Sono scappata da quella casa per le violenze». A parlare è Katalin Erzsebet Bradacs, la donna di 45 anni accusata di aver ucciso a coltellate il primo ottobre 2021 a Po' Bandino il figlio di due anni, che era appena stato affidato al padre Norbert. Bradacs ieri quasi a fine udienza ha chiesto di poter raccontare la sua verità, quella vergata a mano con biro blu su un foglio di carta stretto e sventagliato come un amuleto.
Era pronta anche a farsi interrogare ma dopo un'ora di parole in libertà, racconti a flusso di coscienza, tra accuse pesanti a suo padre e ai genitori dell'ex compagno fino a incomprensibili liste della spesa o resoconti meteorologici, il presidente della Corte d'assise Carla Giangamboni ha detto stop. «Lei sa perché siamo qui?», le aveva chiesto già due volte. Ma Bradacs, tra parolacce a ruota libera e voli pindarici che seguivano un tragitto tutto suo, ha proseguito senza una logica apparente. E l'udienza è finita così tra le sue recriminazioni per come verrebbe trattata male in carcere, dove – ha detto – da settimane farebbe lo «sciopero della fame, della sete e dei farmaci».
Tra le poche frasi riconducibili al caso, quindi, le presunte violenze che Alex («Bradacs, non Juhasz, è segnato così in tutti i documenti») che madre e figlio avrebbero subito a casa Juhasz, soprattutto da una nonna troppo invadente. Ma la vera Katalin Erzsebet Bradacs chi è? Quella che dice di aver voluto allontanare il figlio da una situazione di disagio come afferma lei o quella che lo ha colpito con 20 coltellate, di cui 7 perforanti e due autonomamente mortali come ha testimoniato il medico legale Laura Panata?
Magari sono vere entrambe o è una «manipolatrice» come sostenuto dai testimoni, ma ai fini del processo che la vede imputata per omicidio volontario aggravato e premeditato è fondamentale dirimere un unico dubbio: era capace di intendere e di volere al momento in cui ha commesso il fatto? Il punto è tutto qui. Lei continua a parlare al presente del figlio che ha confessato di aver ucciso, le sue dichiarazioni sono state spontanee fin troppo e la difesa – con l'avvocato Enrico Renzoni – punta come noto alla sua infermità mentale. La procura, invece, con il pm Manuela Comodi sostiene la sua capacità di intendere e di volere «grandemente scemata ma non esclusa», come accertato dalla perizia collegiale eseguita nel corso dell'incidente probatorio. Da cui manca, va detto, l'accertamento proprio al momento del delitto per il diniego di Bradacs a sottoporsi a parte dell'esame. E se Renzoni ha anticipato la richiesta di una terza perizia (la seconda discordava dalla prima), sarà la corte a stabilire se necessaria o meno. Anche se la stessa Bradacs sempre ieri ha riferito che di lei si sia detto fosse «bipolare, paranoica e borderline. Hanno detto che ho malattie, hanno mentito». Lei stessa quindi, pur nel mezzo di un delirio, nega una patologia che è in realtà la concreta scriminante per la scelta della pena.
Si deve tornare, quindi, ai fatti accertati.