In Umbria tante occasioni sprecate
per una vera mobilità sostenibile

In Umbria tante occasioni sprecate per una vera mobilità sostenibile
di Ruggero Campi
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Martedì 24 Ottobre 2017, 19:03
Chi non ha mai viaggiato con i treni della Centrale Umbra, la Ferrovia Mediterranea Umbro Aretina (MUA), alzi la mano. E’ stato il mio primo viaggio in treno, appollaiato sulle poltrone (si fa per dire) in legno; era il treno che prendeva mia nonna per venire da Terni a Deruta, stazione della Fanciullata. Me le ricordo quelle stazioni, San Martino in Campo - Torgiano, Deruta - San Nicolo di Celle, Fanciullata, Papiano, Cerqueto, Marsciano… E ancora, a nord, Trebbio, Dogana, San Giustino, Selci Lama, Cerbara, Trestina… un elenco un po’ struggente da recitare, come struggenti sono i graziosi fabbricati delle stazioni, ormai in stato di pietoso abbandono. “Mobilità sostenibile”.

Sentiamo questa parola fino allo sfinimento, declinata in mille frasi roboanti su possibili meravigliosi scenari futuri, insieme alle “eccellenze della nostra Regione” e alla “valorizzazione del territorio”. Parole logorate dall’uso e dall’abuso, concetti buoni per tutte le occasioni, specie nei pubblici discorsi in cui ci si riempie la bocca di “mission”, “implementazioni”, “risorse”, “percorsi”, “buone pratiche”, “scelte virtuose” e “cambio di passo”. Non era la nostra Ferrovia Centrale Umbra già l’archetipo di una mobilità sostenibile, una specie di geniale linea della metropolitana ante litteram? Una vera “eccellenza”, per usare l’amata parola, degna di essere messa in mostra e rappresentata alla Fiera di Rimini per rafforzare lo splendore degli itinerari nel cuore verde d’Italia, senza trascurare - mi raccomando - il gemellaggio con San Quirico d’Orcia ove sembra ci siano tracce di Umbria, Sviluppumbria e può darsi della ferrovia stessa!

Sulla storica ferrovia di progetti e di chiacchiere ne sono stati fatti tanti, così come ci sono state dedicate (e forse dissipate) tantissime risorse finanziarie. Di progetti ne feci uno anch’io quando presiedevo il consiglio di amministrazione dell’ADISU: prevedeva la trasformazione in luoghi di ristorazione, riposo, meditazione o tappe per ciclisti degli edifici delle stazioni abbandonate, il tutto per occupare dei giovani e trasformarli in imprenditori utilizzando, la forma di cooperativa. Il fatto è che sono tutti buoni a parole a lodare il trasporto su ferro e l’uso dei mezzi pubblici. La pratica è ben diversa. La nostra ferrovia è stata chiusa, e il futuro è oscuro. Ci sono i bus sostitutivi che vanno ad aumentare il traffico sulle strade, un po’ la replica dei Freccia-Link, che viaggiano semi-vuoti per collegare Perugia, ancora una volta su gomma, ai treni veloci. Si rendono conto i nostri politici locali che cosa vorrebbe dire per i pendolari non dover prendere l’auto e per il nostro turismo offrire la possibilità di spostarsi con la bicicletta al seguito, oppure di raggiungere senza stress mille località minori e bellissime? In Umbria siamo stati capaci negli anni ’90 a trasformare a carissimo prezzo l’alimentazione da elettrica a gasolio, poi di nuovo nel 2006 da gasolio a elettrica e a comprare dei treni talmente avveniristici da non poter affrontare la ripida salita di S. Anna.

Leggo di un piano strabiliante di modernizzazione con “sistemi di protezione marcia treni, adeguamento di sede e impianti e apparati centrali computerizzati multistazione con telecomando da remoto sia terra che di bordo”. La Ferrovia Centrale Umbra fu costruita in 4 anni, con le magre risorse e tecnologia dell’epoca, tra il 1911 e il 1915. Vedremo quanti decenni occorreranno nel III millennio per renderla di nuovo utilizzabile. L’esperienza della Spoleto-Norcia non ci ha insegnato niente: un capolavoro d’ingegneria ferroviaria smantellato e scomparso, e il contentino di una ciclabile mai completata e mai veramente fruibile. Gli svizzeri sono capaci di arricchirsi con treni dal percorso meno scenografico di quello che avevamo già pronto in casa. Noi siamo capaci di sprecare enormi risorse, per poi chiudere tutto e tornare ad intasare le nostre già disastrate strade. Ma, per dirla con Woody Allen, “c’è sempre una luce in fondo al tunnel. Speriamo che non sia un treno.” Magari di cioccolata, aggiungo io: in questo periodo, chissà, potrebbe essere una scelta virtuosa, anzi una “mission”.
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