Funghi, altri due intossicati. L'esperta della Asl 1: «Raccolta anticipata e abbondante
in troppi nei boschi senza esperienza». Come fare per evitare rischi

Controllo funghi in un serivio Asl
di Selenio Canestrelli
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 21 Settembre 2022, 07:01 - Ultimo aggiornamento: 07:04

Funghi velenosi, scatta l’allerta intossicazioni in tutta la regione; Non c’è solo il caso di famiglia di quattro persone nella periferia perugina, che dopo un pranzo a base di funghi è finita in ospedale. Nel fine settimana scorso altri due casi con papà e figlio che si sono presentati con una forte intossicazione in un ospedale nella zona dell’Altotevere con vomito e diarrea per una presunto avvelenamento da ingestione delle cosiddette biette. Solo alcuni dei tanti casi che ogni anno si consumano tra le mura domestiche dopo aver raccolto e mangiato esemplari velenosi scambiati per cibo commestibile. Un allarme lanciato anche dalla dottoressa Valentina Pucci, ispettore micologo referente della Usl Umbria 1 che invita tutti alla prudenza: «Siamo in un periodo molto pericoloso perché la raccolta è molto abbondante e tutti vanno nel bosco senza troppa esperienza. Una raccolta che parte in anticipo con il caldo e le ultime piogge che rappresentano una combinazione ideale soprattutto per Porcini e Ovuli che spesso si confondono, questi, con la temibile Amanita Phalloides che è mortale. Quindi, la parola d’ordine è stare attenti e non sentirsi al sicuro mai visto che non passa anno nel quale si registrano intossicazioni anche gravi. A questo punto va lanciato un messaggio: tutti dicono che “io li so riconoscere” e tutti si sentono degli esperti, ma gli errori sono sempre dietro l’angolo. Quindi il consiglio è di rivolgersi agli ispettorati micologici che hanno le sue postazioni di controllo con orari e indirizzi che potete trovare, per parte della regione, al sito internet della Usl Umbria 1». Insomma, con l’arrivo della stagione della raccolta arrivano anche le prime segnalazioni da parte dei pronto soccorso degli ospedali regionali, ma anche i primi appelli alla prudenza per cercare di prevenire il più possibile chi si avventura con il fai da te, mettendo in serio pericolo la vita di chi per inesperienza o superficialità mangia funghi senza saper bene cosa si porta nelle cucine di casa, errori dovuti anche all’eccessiva sicurezza in materia. Ma gli errori possono costare davvero caro, chiedendo poi l’intervento dei sanitari, che in alcuni casi potrebbe risultare vano. Infatti, il veleno dei funghi non commestibili potrebbe essere molto potente e se non dovesse portare al decesso, potrebbe provocare gravi danni, ad esempio, al fegato e ai reni.
Lo conferma anche il dottor Luca Sediari, medico specialista in gastroenterologia all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia: «Parola d’ordine: non fidarsi della propria esperienza e dell’aspetto dei funghi, ma sottoporre il raccolto all’Ispettorato micologico dell’Asl di zona. Un’utile raccomandazione è quella di sconsigliare l’ingestione di funghi a bambini, anziani, donne in gravidanza e persone con problemi renali od epatici, evitando sempre l’ingestione di funghi non sottoposti ad adeguata cottura. Infatti, in linea generale tutti i funghi hanno una certa tossicità, ma solo quelli con una maggiore concentrazione di veleno portano conseguenze molto serie». Secondo Sediari «in base al tempo intercorso tra l’ingestione di funghi tossici e la comparsa dei sintomi le intossicazioni da funghi possono essere suddivise in sindromi a breve latenza, che insorgono da pochi minuti fino ad un massimo di 4-6 ore dall’assunzione, che sono generalmente a decorso benigno, e sindromi a lunga latenza, che insorgono da 6 a 24 ore dall’assunzione, potenzialmente gravi e in alcuni casi mortali. Tra quelle a breve latenza la sindrome gastrointestinale è la più frequente, con sintomi che compaiono già al termine del pasto o entro 3-4 ore e sono proporzionali alla quantità di funghi ingerita; tali sintomi regrediscono spontaneamente entro 24-48 ore.

Mentre, per le sindromi a lunga latenza queste si presentano inizialmente con sintomi simili a una gastroenterite, che spesso viene sottovalutata ritardando l’ospedalizzazione e compromettendo a volte in maniera irreparabile lo stato di salute». La più frequente è la sindrome falloidea (Amanita Phalloides) potenzialmente mortale: secondo gli esperti si presenta con frequenti episodi di vomito e diarrea, con gravi squilibri idroelettrolitici; segue un periodo di 48-72 ore di apparente miglioramento con notevole alterazione dei test di funzionalità epatica e renale. Cosa accade? «In sostanza, si assiste a una rapida evoluzione verso l’insufficienza epatica in quanto l’organo bersaglio è il fegato con possibile necessità di trapianto. La sopravvivenza è legata alla rapidità dell’intervento»

© RIPRODUZIONE RISERVATA