Delitto di Borgo Bovio, dopo cinque mesi ancora tanti punti oscuri

Delitto di Borgo Bovio, dopo cinque mesi ancora tanti punti oscuri
di Nicoletta Gigli
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Martedì 9 Maggio 2023, 08:48

TERNI Dopo cinque mesi dalla morte di Ridha Jamaaoui, ucciso a Borgo Bovio, ancora tanti i punti da chiarire. La certezza è che fu una lite al distributore di Borgo Bovio e che, prima di essere ucciso Jamaaoui tentò di scappare. Salì sul sedile posteriore dell'auto dell'italiano che poco prima aveva avuto un'accesa discussione con un nigeriano di 30 anni, che aveva urtato mentre era in bici. Il nigeriano pretendeva i soldi per non fare la denuncia dell'incidente. Jamaaoui però non riuscirà a scappare, e non si capisce il perché del tentativo di fuga, perché Samuel Obagbolo riesce a tirarlo giù dall'auto.
Il conducente si allontana sgommando, raggiunge un bar che sta a 500 metri di distanza, lascia la vettura con i fari accesi e la chiave inserita e torna indietro a piedi e di corsa ma quando arriva Jamaaoui è già a terra senza vita. La ricostruzione degli istanti che hanno preceduto l'omicidio del 39enne tunisino nelle parole di un testimone, uno dei 13 che sono stati sentiti in questi mesi dagli investigatori dell'arma. Una delle testimonianze inserite nel corposo fascicolo da oltre mille pagine messo insieme per tentare di far luce sulla morte di Ridha Jamaaoui, 39 anni, tunisino. Ammazzato come un cane, la sera del 27 novembre, lungo il vialetto che conduce ai condomini di via Marche,a Borgo Bovio. Un omicidio dai tanti punti oscuri, con l'unica certezza rappresentata dal giudizio immediato fissato dal gip per l'8 giugno. A processo Samuel Obagbolo, 26 anni, nigeriano, in cella a Capanne con l'accusa di aver ucciso Ridha. Un omicidio preterintenzionale, secondo il gip, e non più volontario come ipotizzato dopo l'arresto. L'altra certezza è che la gran parte dei testimoni sentiti in questi cinque mesi avrebbe assistito dalle finestre di casa alle urla che hanno accompagnato la fine di Jamaaoui. Nessuno di loro però sarebbe stato in grado di raccontare con certezza chi abbia fatto cosa tra quelle cinque o sei persone che si inseguivano urlando a squarciagola dopo un banale incidente tra l'unico italiano presente e il trentenne nigeriano. Jamaaoui, dirà l'autopsia, è stato ucciso a mani nude. Almeno sei colpi in testa e in faccia che hanno reso irriconoscibile il suo volto. Colpi che confermano la ferocia di infierì su di lui ripetutamente e con una violenza bestiale anche quando ormai l'uomo era a terra agonizzante. «Chiediamo la verità - hanno ripetuto per mesi i parenti di Ridha dopo l'arresto di Samuel - ci auguriamo che vengano arrestati anche gli altri che quella sera hanno avuto un ruolo nell'omicidio. Non è giusto che sia in carcere solo una persona, è impossibile che ad ucciderlo sia stato solo uno perché era troppo forte fisicamente e si sarebbe difeso». Dopo l'arresto di Obagbolo, i dubbi sul ruolo di altre persone nel delitto arrivarono anche dagli investigatori, col procuratore, Alberto Liguori, che sottolineò punti oscuri e anomalie: «Alla fine sono i due soccorritori a sfidarsi, con il tunisino finito a calci e pugni e l'italiano che, dopo aver picchiato la vittima dell'incidente, preferisce allontanarsi. C'è da capire qualcosa in più su comportamenti a dir poco atipici».
 

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