La Perugina è in crisi oppure no?
Pubblici i debiti e privati gli utili?

La Perugina è in crisi oppure no? Pubblici i debiti e privati gli utili?
di Giuseppe Caforio
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Martedì 25 Luglio 2017, 18:38 - Ultimo aggiornamento: 18:39
C'è Natale, c'è Ferragosto e c'è la ciclica crisi della Perugina. Puntualmente, con breve lasso di tempo da quella precedente, si presenta in tutta la sua drammaticità una nuova ipotesi di esuberi per ben 340 lavoratori dello stabilimento di San Sisto, che colpisce altrettante famiglie e quindi oltre un migliaio di persone. Ad onor del vero questa volta la situazione è più confusa del solito. Da un lato la multinazionale Nestlè evoca un piano industriale da 60 milioni di euro in corso da circa un anno, escludendo ridimensionamenti e arrivando addirittura a dire che il famoso Bacio Perugina, grazie all'export, viaggia con una crescita al 40%; dall'altra ci sono i dipendenti, molti dei quali hanno ricevuto delle lettere in cui esplicitamente si fa riferimento ad una situazione di esubero riferita alle attuali mansioni svolte e si propongono percorsi formativi con un ricollocamento non meglio definito anche in altre sedi in Italia. 
Chi si intende di queste cose avrà riconosciuto lo strumento francamente un po' superato e banale con cui ai dipendenti, per lo meno a quelli ritenuti superflui, si fa fare un percorso e poi si propone una sede, ad esempio Benevento, tale da non poter essere accettata non foss'altro per ragioni economiche, visti i costi di trasferimento, affitto ecc... 
Un modo elegante per mettere gli esuberi alla porta.

Di mezzo c'è il Governo e il modesto potere delle autorità locali, Regione e Comune in primis, che cercano di essere partecipi e di trovare un punto di mediazione che passa spesso, se non sempre, per “Pantalone”, ovvero con l'esborso da parte dello Stato e quindi di tutti noi, di varie forme di ammortizzatori sociali o incentivi all'impresa, pagati quindi dall'erario pubblico. E' vero che ognuno deve fare il proprio gioco e quindi la Nestlè deve cercare di portare a casa il maggior beneficio possibile, i dipendenti devono ottenere rassicurazioni sul mantenimento in loco del posto di lavoro e le autorità pubbliche fare da calmiere di ogni tensione, ma stiamo attenti a non esagerare, perchè a tirare la corda prima o poi si rompe. Viene dalla lontana tradizione della FIAT la politica della tensione di natura occupazionale, tendenzialmente estiva con cui sin dagli anni '60 si spillavano allo Stato contributi per le imprese, tant'è che è noto il detto che la FIAT rendeva pubblici i debiti e privati gli utili.

Il sospetto che Nestlè stia tirando la corda, atteso che fra meno di un anno scadrà una delle ultime casse integrazioni di cui ha beneficiato, è forte. Anche perchè altrimenti non si comprende come conciliare le entusiastiche dichiarazioni sui risultati di vendita dei prodotti dello stabilimento perugino unite all'impegno di investimenti importanti, con  la malcelata scelta dei 340 esuberi.
Nestlè è una multinazionale presente in tutto il mondo, seria e con enormi potenzialità; ciò fa sperare che questa supposta strategia della tensione estiva sia più il frutto di qualche idea un po' stravagante dei dirigenti locali che dei vertici svizzeri. Certo, toccare il posto di lavoro in un contesto di grave crisi diventa uno strumento fin troppo facile per alimentare preoccupazione se non disperazione.

In questo quadro il ruolo delle autorità locali può essere fondamentale per fare chiarezza sull'effettiva situazione e con il buon senso e la ragionevolezza per uscire da questa empasse. Ovviamente in una circostanza così seria, anche il sindacato deve giocare la sua partita in modo lucido e fermo, senza lasciarsi tirare per la giacchetta. Se si rimettono sul tavolo del confronto i dati oggettivi e con onestà intellettuale ogni parte fa il suo gioco, anche questa ennesima crisi potrà essere superata senza che sia il solito Stato e, quindi noi tutti cittadini, a dover pagare.
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