Foconi, rush finale per la Coppa del mondo con il fioretto puntato su Parigi
«Alleno l'istinto per la vittoria»

Foconi, rush finale per la Coppa del mondo con il fioretto puntato su Parigi «Alleno l'istinto per la vittoria»
di Lorenzo Pulcioni e Vanna Ugolini
5 Minuti di Lettura
Martedì 12 Marzo 2024, 17:26

Terni Washington, Hong Kong, Shangai e quindi Parigi. E' la road map di Alessio Foconi, 34 anni,fiorettista, verso le Olimpiadi in programma ad agosto nella capitale francese. La prossima tappa di Coppa del Mondo negli Stati Uniti (14-15 marzo) poi tra aprile e maggio la doppia trasferta in terra asiatica. Foconi è lo sportivo più vincente nella storia dello sport umbro. E' stato campione italiano, europeo e del mondo di fioretto più volte e vincitore per tre volte della Coppa del mondo, numero uno del ranking per parecchi anni. Un atleta tenace, partito dalla provincia e arrivato a collezionare una lunga sequenza di titoli e medaglie di ogni colore, molte d'oro. E' anche un uomo affabile e alla mano, cosa che accresce la sua grandezza di campione.
 

Alessio, per Parigi nulla è deciso ancora?
«Siamo in cinque per quattro posti nella gara a squadre e tre in quella individuale. Oltre a me ci sono Macchi, Marini, Bianchi e Garozzo. Ma Parigi è ancora lontana, mancano tre tappe di Coppa del Mondo».
 

Ci vuoi raccontare come ti stai allenando?
«Lavoriamo sui cambi di intensità con cose tipo uscite in montagna e bagno al fiume. Lo facciamo per allenare spirito e corpo, per tornare alle origini e trovare la coesione. Allenarmi scalzo mi aiuta a tornare bambino. La vita porta tanti pensieri ed i pensieri portano difficoltà e rallentano le azioni. In questo modo cerco di ricreare gli istinti attraverso gesti primordiali come lanciare una pietra o arrampicarmi sugli alberi»
 

E' vero che promesso di portarci il tuo collega Garozzo?
«Lui è siciliano, abituato a una terra calda. Vedremo come reagirà al bagno nelle gelide acque del nostro fiume».
 

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A proposito di nazionale, com'è il clima a quattro mesi dalle Olimpiadi?
«Molto spensierato rispetto a quando sono arrivato io in nazionale. Diciamo che anni fa c'era un po' più di tensione e le gerarchie erano più marcate. Ora prevale il desiderio di voler far bene a tutto il movimento. Nel senso che se i giovani vogliono staccare, noi vecchi li riprendiamo per il bene nostro e viceversa. Il nostro è uno sport individuale. Non posso dire che la squadra viene sempre prima, però se il più giovane vuole battermi anch'io sento stimolato. E' un circolo virtuoso»
 

Cosa manca alla scuola ternana per essere considerata una delle migliori a livello nazionale?
«Assolutamente niente, già lo è ed i risultati lo dimostrano. Ora c'è bisogno che i piccoli mantengano questo livello nel momento più difficile che è il passaggio dai cadetti-giovani agli assoluti. Capita che le certezze di quando sei giovane, pian piano al passaggio con i grandi, si perdano. Io ho corso questo rischio, di batoste ne ho prese parecchie. Quando capita, però, bisogna tenere il focus sui propri obiettivi e capire che le sconfitte fanno parte del percorso».
 

La tua motivazione quando è scattata?
«Dopo le Olimpiadi di Rio che ho visto da casa. Ero stato sul punto di entrare in squadra, ma non ci sono riuscito. Poi ho visto Garozzo vincere ed in quel momento mi è scattata la scintilla. Mi sono dettook cambiamo qualcosa, cambiamo approccio mentale'».
 

Quali sono i pensieri che possono bloccare un atleta in pedana?
«Quando stai tirando guai a pensare a cosa stanno facendo i tuoi avversari intorno a te, magari durante un assalto che si disputa in contemporanea poco distante. Se pensi ai risultati degli altri, ai big che escono e vengono eliminati rischi di uscire dalla tua gara e non rientrare più. A volte basta un dettaglio per mandarti completamente fuori concentrazione»
 

A quale sport paragoneresti la scherma?
«Da questo punto di vista al tennis che però è più lungo e quindi dà più tempo per recuperare. La scherma invece è micidiale, non lascia il tempo per rimediare e devi stare sempre sul pezzo. E' uno sport bellissimo, ma faticoso a livello mentale. La mente è più difficile da capire e da gestire rispetto al fisico. Forse è più simile alla boxe. Puoi fare un buon incontro ma se prendi il pugno sbagliato vai al tappeto e perdi»
 

Com'è cominciata la tua storia con la scherma?
«Ho iniziato da bambino al Circolo scherma Terni. Eravamo un bel gruppo ed io ero tra i più vivaci. Ho sempre creduto nell'equilibrio, nell'approcciarsi in maniera serena che è tipica del Circolo di Terni. Questa serenità io l'ho trovata e nessun altro posto potrebbe darmi la stessa cosa»
 

Per questo hai scelto di rimanere sempre qui e non andare ad allenarti altrove?
«Ho fatto questa scelta perché sapevo ciò di cui ho bisogno. Mi sono allenato in altri centri federali che sono un fiore all'occhiello del fioretto maschile, ma credo che certi ambienti molto competitivi vadano presi a piccole dose perchè alla lunga può essere deleterio. Non potrei mai stare lontano dal mio circolo, pensa che l'altro mi hanno sfidato i piccoli in pedana proprio come io facevo con la Vezzali quando ero bambino e lei veniva a Terni per allenarsi».
 

Li hai fatti vincere?
«Assolutamente no, così sanno che niente si regala e soprattutto che le botte che riuscivano a mettere erano meritate».

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