Tim Berners-Lee: «Non abbiate paura del Web, sicurezza e privacy non sono concetti alternativi»

Tim Berners-Lee a Roma (Foto di Paolo Caprioli - Toiati)
di Andrea Andrei
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Mercoledì 13 Gennaio 2016, 20:58 - Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 12:46

Ha creato quello che per certi versi oggi è, se non il motore, di sicuro il mezzo tramite cui gira il mondo. Eppure sir Tim Berners-Lee, inventore del World Wide Web (il celeberrimo www che è alla base della navigazione in Internet), non dà certo l'idea di sentirsi “arrivato”.

Il giovanile sessantenne londinese, giunto a Roma in occasione della cerimonia di presentazione del nuovo brand unico di Tim, non smette nemmeno per un secondo di guardare al futuro. E il futuro sarà anche l'argomento di discussione domani fra lui e il premier Matteo Renzi. «Gli farò i complimenti per i progressi ottenuti dall'Italia», ha spiegato, «e poi gli parlerò di open data, che è quello che faccio ogni volta che incontro un premier». Ovvero tesserà le lodi di un mondo totalmente interconnesso, in cui gli oggetti dialogheranno con l'uomo e in cui per l'uomo tutto sarà naturalmente a portata di mano. E soprattutto ribadirà il concetto per cui il Web è nato per essere condivisione, per essere una piattaforma totalmente aperta. Tanto che, negli ampi spazi dell'Eur, il presidente della Web Foundation che promuove il www nel mondo ha addirittura ammesso l'esistenza e l'uso del cosiddetto “deep web”, la parte oscura e quasi irrintracciabile di Internet spesso utilizzata anche per fini illegali: «È un luogo in cui si trovano dati “grezzi”, che possono essere incrociati fra loro dando una visione più veritiera delle cose. È importante soprattutto per i giornalisti. Ho sempre spinto i programmatori di siti a diffondere i propri dati grezzi, perché possono essere una risorsa per altri».

Aprire le frontiere. Aprirle senza paura perché «il divario digitale è la premessa per tante altre disuguaglianze, a cominciare da quelle economiche». Senza lasciarsi intimorire dal fatto che la tecnologia viene spesso usata, come dimostrano drammaticamente gli attentati terroristici di Parigi, per scopi orribili. «Quella fra privacy e sicurezza non deve essere una dicotomia», dice e si infervora, «dire di dover essere costretti a scegliere fra il diritto di non essere spiati e il bisogno di sentirsi al sicuro è profondamente sbagliato. Bisogna però capire che tipo di potere vogliamo dare alle forze di sicurezza. Perché se diamo loro il potere di controllare i cittadini, dobbiamo anche essere sicuri che quelle informazioni vengano utilizzate solo per ragioni specifiche, come ad esempio per catturare un delinquente».

È un po' un anarchico, Tim Berners-Lee. Lo è sempre stato, d'altronde, e ne ha dato dimostrazione nel 1980, quando lavorava al Cern al fianco di Robert Cailliau e con lui diede vita a un prototipo che sarebbe stato la base di quello che noi oggi chiamiamo Web. Lo ha ribadito tre anni fa, quando morì Aaron Swartz, il ragazzo americano di 27 anni che nel 2011 fu arrestato per aver scaricato e diffuso 4,8 milioni di articoli scientifici da un database accademico e che fu ritrovato impiccato l'11 gennaio 2013. In quell'occasione Berners-Lee pianse pubblicamente la sua scomparsa.

«Il Web è libertà», ha sottolineato a Roma, apprezzando il nuovo brand di Tim, in cui lo sfondo blu che prima era chiuso in un rettangolo oggi è aperto: «Il Web dev'essere così, come il cielo, senza confini. È questo che le persone si aspettano da Internet.

Senza questo non può esserci cultura, né democrazia».

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