Rugby Mondiali, l'inglese Tom Curry accusa il sudafricano Bongi Mbonambi: «Insulto razzista». E gli All Blacks definiti «spocchiosi»

Secondo la terza linea dell'Inghilterra il tallonatore dei Boks l'ha chiamato: "F...a bianca", ma finora non è emerso alcun audio

Rugby Mondiali, l'inglese Tom Curry accusa il sudafricano Bongi Mbonambi: «Insulto razzista». E gli All Blacks definiti «spocchiosi»
di Paolo Ricci Bitti
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Domenica 22 Ottobre 2023, 22:19 - Ultimo aggiornamento: 25 Ottobre, 15:32

«Sir, il tallonatore sudafricano mi ha chiamato f...a bianca, che cosa devo fare?».

«Nulla, per favore, me ne occupo io».

I protagonisti del dialogo sono l'inglese Tom Curry, un metro e 90, 110 chili, bianco (scusate, va specificato) e l'arbitro neozelandese Ben O'Keeffe, a cui ci si rivolge con il "Sir". Il tallonatore sudafricano è Bongi Mbonambi, un metro e 80, 108 chili (di colore, scusate va specificato). Il palcoscenico è il prato dello Stade de France a Parigi-Saint Denis durante la semifinale della coppa del mondo vinta dal Sud Africa sull'Inghilterra con il punteggio di 16-15, un match dunque tiratissimo in cui era decisivo anche il confronto psicologico fra i giganti che battagliavano.

E' stato al 28' (Sudafrica sotto 3-9) che l'inglese bianco in maglia bianca (la divisa tradizionale dell'Inghilterra) si è rivolto all'arbitro per accusare il rivale nero di averlo insultato con quella frase razzista.

Va da sé che Tom Curry sapeva benissimo che la sua accusa sarebbe riecheggiata in tutto il mondo perché l'arbitro nel rugby è microfonato senza filtri per telecronisti e pubblico (sì, anche il pubblico ascolta in diretta i dialoghi fra arbitro, giocatori e Tmo, la Var del rugby). 

Poche ore dopo la sconfitta dell'Inghilterra, contro ogni pronostico dominatrice della semifinale eccetto gli ultimi 10 fatali minuti, sui media inglesi parecchio scornati è scoppiato il caso Mbonambi:  il nero che secondo Curry è stato razzista con un bianco. I social hanno poi messo tutto il loro napalm sul fuoco ed ecco che il caso è diventato "mondiale".

I fatti

Bisogna sempre ripetere "secondo Curry" perché al momento di audio disponibili c'è solo quel dialogo fra l'inglese e e l'arbitro che non prova nulla. Audio dell'insulto al momento non ce ne sono e quindi quella frase volgare e razzista resta "presunta". E la sola parola dell'inglese non basterà a fare scattare una squalifica che sarebbe particolarmente pesante non solo per l'immagine del tallonatore Mbonambi, una delle star degli Springboks, e della nazionale sudafricano, ma pesante anche dal punto vista tecnico, visto che in quel ruolo-chiave il ct Nienaber si trova alquanto scoperto in vista della finale della Coppa del Mondo di sabato 28 ottobre a Parigi contro la Nuova Zelanda.

Sarà la riedizione della leggendaria finale del 1995 a Jo'burg, quella sotto gli occhi di Invictus Mandela che costruì il nuovo Sudafrica arcobaleno post apartheid usando con geniale afflato ed enorme coraggio anche il rugby degli Springboks, all'epoca totem della minoranza bianca e del regime segregazionista.

Ventotto anni dopo ci troviamo con un giocatore inglese bianco che accusa di razzismo un giocatore sudafricano di colore che lo avrebbe discriminato chiamandolo "bianco" e aggiungendo pure un'insulto a sfondo sessuale. Accuse finora non sorrette da prove. Sorprende anche, soprattutto chi ha qualche anno di rugby sulle spalle, che Curry si sia rivolto all'arbitro (microfonato) per farsi tutelare per un (presunto) insulto. 

Per adesso World Rugby (la Fifa ovale) ha solo ricordato che l'Inghilterra ha tempo fino a lunedì mattina per fare denuncia, mentre Tom Curry ha risposto ai cronisti, che avevano notato che dopo il fischio finale Mbonambi non gli avesse stretto la mano come si usa sempre nel rugby: «Yeah». La domanda era: «Ma Mbonambi ti ha detto qualcosa?».

Poi, pressato dai giornalisti, Curry ha tagliato corto: “No, non è necessario parlarne adesso e non ne parlerò». La punizione può scattare, secondo il regolamento di World Rugby per "abusi verbali riferiti,  e non solo, a religione, colore della pelle, nazionalità o origini etniche, orientamente sessuali".

L'inglese Marler venne punito nel 2016 con due match di squalifica per aver definito "zingaro" il gallese Samson Lee, mentre nel 2018 il francese Bastareaud saltò tre match per un insulto a sfondo sessuale rivolto all'azzurro Sebastian Negri. Entrambi i puniti ammisero la colpa.

Fine del primo atto o della vicenda?

La federazione sudafricana, incalzata dalla stampa inglese, ha spiegato: «Siamo consapevoli delle accuse che prendiamo molto sul serio e stiamo esaminando le prove disponibili. Ci impegneremo con Bongi se verrà trovato qualcosa a sostegno delle accuse». Una dichiarazione di prammatica che riporta per adesso alla parola di Curry contro quella, se eventualmente sarà sentito, di Mbonambi.

Dal Sudafrica, inoltre, sono in tanti a fare notare che appunto in Sudafrica la parola "pesante" riportata da Curry non è usata comunemente fra gli insulti e che inoltre in afrikaaner espressione Wit Kant (lato bianco) suona molto simile alla presunta frase offensiva di cui Curry si è lamentato con l'arbitro. E con "lato bianco" i giocatori sudafricani possono urlare ai compagni che la palla sta "uscendo" dalla parte degli inglesi (in divisa bianca).  

Gli All Blacks spocchiosi

Il caso Mbonambi non è stato il solo ieri a tenere banco soprattutto sui social: contro gli All Blacks sono fioccate accuse di "spocchia" e di "mancato rispetto per gli avversari": questo perché hanno deciso di terminare la partita contro l'Argentina in inferiorità numerica. A 15 minuti dalla fine, in vantaggio con il punteggio tombale di 37-6 e con i Pumas mai in partita, la Nuova Zelanda ha incassato il cartellino giallo di Scott Barrett. Ebbene, nonostante giocassero in 14 contro 15, gli All Blacks hanno segnato ancora una meta con Jordan per il definitivo 44-6. A 5 minuti della fine Scott Barrett avrebbe potuto rientrare in campo dopo avere scontato i 10 minuti a bordocampo e per partecipare agli ultimi 5 minuti di un match già in archivio. E il ct Foster gli ha detto di andare a fare la doccia, così la Nuova Zelanda si sarebbe "allenata" ancora un po' a giocare in 14 contro 15 in vista della finale mondiale. Logico, comprensibile e pure intelligente, ma anche questa mossa è bastata per scatenare una tempesta social. 

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