Zidane è stato però un fuoriclasse capace di regalare magie e prodigi a tutta l’Europa, e per quasi 18 anni filati. Con i colori del Madrid sulle spalle, ad esempio, ha sollevato la Champions League, e nessuno mai potrà dimenticare quel gol firmato a Glasgow, il 15 maggio del 2002, nella finale tra il Bayer Leverkusen e il Real: un sinistro al volo, dal limite dell’area, a infilare magnifico l’incrocio dei pali di Butt. Meraviglia delle meraviglie. Sublime e irripetibile.
Per Zizou ora è venuto il tempo di una nuova vita calcistica. Finora ha guidato il Real Madrid Castilla, una sorta di Primavera, per intendersi, e ha raccolto soltanto poche soddisfazioni. Da domani diventerà il primo allenatore francese della storia del club. E dovrà allestire una squadra in grado di alzare le ambizioni di un pubblico esigente come è il pubblico del Santiago Bernabeu. E, il 17 febbraio, sarà comodo allo stadio Olimpico, a dirigere il Real nella sfida di andata degli ottavi di Champions contro la Roma.
In Spagna, va detto, ha vinto titoli e coppe, perfino un’Intercontinentale; in nazionale un Mondiale e un Europeo; offrendo spettacolo da sé, un Pallone d’oro e tre premi Fifa World Player. Ha inciso, da calciatore, la propria firma sul grande libro del pallone planetario. Adesso dovrà dimostrarsi degno di tramandarne il mito.
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