TIFO A CONTRATTO
Vabbè, so ragazzi. Non è stato il primo, e neppure l’ultimo. Fabio Capello, ad esempio, sotto questo aspetto è una sorta di eroe popolare. Scusi mister, lei allenerebbe la Juventus?, gli venne chiesto un giorno a Trigoria. “Non mi interessa andare alla Juventus”, la lapidaria risposta di Don Fabio. Che, ovviamente, a bordo di una Mazda della società, se ne andò di notte a Torino. Per restare nella più stretta attualità, Gigio Donnarumma merita una doverosa citazione: ha baciato polemicamente lo scudetto del Milan allo Juventus Stadium, rivendicando la propria fede rossonera, ma ieri ha rifiutato il rinnovo da 5 milioni netti l’anno proposto dal club. Anche in questo caso, nulla di inedito. Quanti giocatori, del resto, hanno baciato lo stemma sul petto e poi si sono venduti per 30 denari in più ad un’altra squadra? Quanti l’hanno fatto, Mire? Ecco perché i tifosi a contratto non fanno per noi. Esemplare, inarrivabile Totò Cassano. «Amo la Sampdoria», spiegò arrivando a Genova; «Sono tifoso dell’Inter fin da bambino. Dopo il cielo, c’è l’Inter», assicurò firmando per il club nerazzurro. E, ovviamente, «Ho sempre sognato di giocare al fianco di Totti», disse arrivando, nell’estate del 2001, a Trigoria.
Già, Totti. Ventotto anni con la stessa maglia sul cuore. Un’altra categoria; uno che ha sempre unito, mai diviso. Senza aver avuto bisogno di un megafono.
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