Roma, Fonseca: «Amo lo Shakhtar, ma sogno l'Europa che conta»

Fonseca
4 Minuti di Lettura
Martedì 4 Giugno 2019, 15:52 - Ultimo aggiornamento: 16:05

Paulo Foseca esce allo scoperto. E indirettamente fa capire che sarebbe pronto a trasferirsi alla Roma. «Amo il fatto di essere allo Shakhtar, ma sono un tipo ambizioso e un giorno vorrei lavorare nei campionati top d'Europa, come Inghilterra, Spagna o Italia. Non ne scelgo uno in particolare, ma naturalmente se sei ambizioso aspiri al meglio. Un giorno succederà, perché sono ancora giovane». Con queste parole l'allenatore dello Shakhtar Donetsk, capace negli ultimi tre anni di vincere altrettanti titoli ucraini, fa capire che ha voglia di fare un'esperienza altrove, anche se non nomina mai quella Roma che, secondo varie fonti, sarebbe interessata al suo ingaggio. Fonseca non commenta le voci provenienti dall'Italia, e preferisce parlare della sua attuale squadra, che vince pur essendo costretta a non giocare mai in casa. Il bellissimo stadio che c'era a Donetsk è stato in pratica distrutto dalla guerra e la città è occupata dalle truppe filo-russe. Così gli uffici del club sono stati spostati in un albergo di Kiev, capitale in cui vivono anche lo stesso Fonseca e i giocatori, costretti ogni volta che giocano 'in casà a volare verso Kharkiv, che dista 410 km da Kiev. «E questo vuol dire - spiega Fonseca - che quando giochiamo tre volte a settimana per via delle competizione europee, i miei giocatori sono costretti comunque a lunghi viaggi, non hanno il tempo di recuperare e quindi non possiamo giocare con l'intensità che vorrei». «Ora non so fin quando continuerà la guerra - dice ancora - e non so cos'altro farà il club per ovviare a questa situazione». Allo Shakhtar dal 2016, quando subentrò a Mircea Lucescu, il tecnico portoghese ex Braga è rimasto nell'immaginario collettivo per essersi presentato mascherato da Zorro, due anni fa, in conferenza stampa dopo aver battuto il Manchester City. «Mi piace scherzare con i miei giocatori e ridere insieme a loro - spiega Fonseca -. La vita è troppo bella per essere presa sul serio, e a volte gli scherzi e le battute servono per infrangere dei muri». Questo suo stile di vita si riflette anche nel gioco che cerca d'insegnare ai calciatori: Fonseca non è uno che, come il connazionale Mourinho, guarda soprattutto al risultato. «Vincere non è la sola cosa che voglio - dice -. Voglio che nelle nostre partite ci sia qualità, prediligo il possesso di palla e il fatto che i miei giochino un calcio offensivo. Voglio avere il coraggio di creare qualcosa di bello per i tifosi, perché amo il mio lavoro, e di sicuro non ho l'ossessione del risultato. Sono uno che ama la qualità, lo spettacolo, e non solo la vittoria». Allo Shakhtar c'è sempre stata una foltissima rappresentanza di brasiliani (in Ucraina i club non hanno 'tettì per gli stranieri), basti pensare ai vari Fernandinho, Douglas Costa, Willian, Fred, Elano, Bernard e Taison, tutti arrivati grazie a un eccellente lavoro di scouting e anche alla disponibilità finanziaria del patron Rinat Akhmetov, magnate al n.39 della classifica degli uomini in assoluto più ricchi del mondo. «Ora però è diverso - spiega Fonseca -: in passato i migliori erano nostri, ora invece società come Real e Chelsea pagano subito cifre impossibili e noi dobbiamo orientarci su ragazzi molto giovani (e nello Shaktar brilla il 21enne Dodò n.d.r.).

Ora vengono da noi a 18 anni, perché se aspettassimo poi non li potremmo più prendere. E poi un diciottenne ha le stesse possibilità di un trentenne, anche se poi bisogna trovare sempre il giusto mix di gioventù ed esperienza».

© RIPRODUZIONE RISERVATA