Il signor promozione. Castori, il tecnico che ha portato in A il Carpi, è al nono salto di categoria

Il signor promozione. Castori, il tecnico che ha portato in A il Carpi, è al nono salto di categoria
di Bruno Ferretti
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Giovedì 30 Aprile 2015, 06:38 - Ultimo aggiornamento: 18:41
La classe operaia va in paradiso. Il remake del famoso film di Petri che nel 1972 vinse il Festival di Cannes, va in scena a Carpi, operosa città emiliana di 70 mila abitanti in festa per la storica promozione della propria squadra in serie A. Un sogno diventato realtà. Un'escalation senza precedenti. Dieci anni fa il Carpi era in Eccellenza, sei anni fa in quarta serie. Al suo secondo campionato di B ha centrato un traguardo straordinario che nessuno poteva fantasticare. L'obiettivo era la salvezza e per raggiungerla il ds Giuntoli chiamò Fabrizio Castori, esperto allenatore marchigiano. Lavoro e sacrificio il motto vincente di Castori ma dietro le quinte di questo successo c'è anche una saggia politica societaria impostata dai proprietari, gli imprenditori tessili Bonacini, Marani (proprietari del marchio Gaudì) e Caliumi.

Castori, il Carpi in A è un miracolo calcistico?
«Questo prestigioso risultato è il giusto premio per una squadra che ha lavorato sodo fin dal primo giorno di precampionato e per una società composta da gente serie e concreta. Il mio merito? Non lo so, ma qualcosa di buono sicuramente avrò fatto anch'io. Faccio questo lavoro da tanti anni e ormai ho una certa esperienza».

All'inizio nessuno avrebbe scommesso sul Carpi.
«Siamo partiti con l'obiettivo salvezza ma strada facendo, attraverso tanti risultati positivi, il Carpi ha preso consapevolezza della propria forza. E abbiamo cominciato a crederci. Ho avuto la fortuna di allenare ragazzi in gamba e seri professionisti, magari senza un grande passato alle spalle ma con un grandissimo futuro davanti. Un nome? Se devo farne uno solo dico Gabriel, portiere brasiliano già pronto per una grande squadra».

Decisivi i 14 gol di Mbakogu?
«Sicuramente importanti, ma decisivo è stato il comportamento di tutti ragazzi che hanno saputo superare qualche momento critico come capita ad ogni squadra in ogni campionato. L'unione del gruppo e la tranquillità dell'ambiente sono state fondamentali».

Cosa si prova a raggiungere la serie A a quasi 61 anni?
«In carriera ho vinto nove campionati, i primi due con il Tolentino passando dall'Eccellenza alla C2. Ho fatto tanta utile gavetta nei campionati dilettanti prima di passare fra i professionisti. Indimenticabili gli anni di Cesena con la promozione in B. Ma non contano solo le promozioni. A volte può dare maggiore soddisfazione una salvezza».

Come quella ottenuta con l'Ascoli in serie B nel 2010-11?
«Proprio così. Mi chiamarono dopo l'esonero di Gustinetti, la squadra era messa malissimo in classifica e la salvezza sembrava impossibile. E invece ce la facemmo con una formidabile rimonta fino alla vittoria con la Triestina nell'ultima giornata».

Lei marchigiano di San Severino (ma trapiantato a Tolentino) raggiungerà in serie A altri due corregionali: Mancini e Iachini.
«Si vede che dalle nostre parti c'è gente che capisce di calcio».
E giù una gran risata .