Judo, salvati dal Tas gli atleti iraniani che non lottano con gli israeliani

Mollaei
di Vanni Zagnoli
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Martedì 2 Marzo 2021, 07:30

Il tribunale di arbitrato per lo sport è sovrano, non solo per Alex Schwazer, e allora l’iraniano Saeid Mollaei (ex iraniano, è stato naturalizzato dalla Mongolia), che rifiutò di affrontare un atleta israeliano è stato riabilitato. O, meglio, è stata annullata la sospensione a tempo indeterminato imposta all’Iran dall’International Judo Federation. Era l’ottobre del 2019, il confronto era tra atleti di primo piano e salta per obiezione di coscienza politica da parte del judoka di Teheran. Il Tas ritiene che la federazione iraniana abbia effettivamente commesso gravi violazioni e debba essere sanzionata, ma non a tempo indeterminato, poiché il provvedimento non ha base giuridica. Serve una giusta pena, insomma, come in tutte le cose. Così ha rinviato il caso al comitato disciplinare della federazione internazionale, che dovrà emettere un nuovo giudizio, ma intanto l’Iran può preparare Tokyo. 

LA MACCHIA
Un anno e mezzo fa, il caso macchiò i mondiali, proprio in Giappone. Nella categoria 81 chili, l’iridato uscente Saeid Mollaei perse in semifinale e anche la finale per il bronzo, venne messo sotto pressione dal governo per rifiutare il confronto con Sagi Muki, medaglia d’oro. Tre giorni dopo, l’autorità mondiale del judo vietò ai persiani tutte le competizioni, sino alla garanzia del rispetto per gli statuti. E’ molto semplice, l’Iran non riconosce Israele, che chiama “Grande Satana”, al pari degli Stati Uniti. Anziché sulla materassina, i persiani preferiscono perdere a tavolino, essere squalificati o fornire certificati medici che dimostrano di non essere idonei a competere. Chi affronta Israele viene punito, in patria. Mollaei, però, non rientrò più a casa, si fece accogliere da rifugiato politico dalla Germania e poi naturalizzare dalla Mongolia. Non solo, è diventato amico dell’israeliano Sagi Muki con cui non combattè, amicizia che è diventata una fiction.
Domenico Falcone, confermato alla presidenza federale di lotta e judo, è al terzo mandato, con il 63% su Felice Mariani, bronzo a Montreal, ritiene che «lo sport va oltre le barriere politiche, soprattutto il judo deve andare oltre.

Non accada più in nessuna disciplina di rifiutare un combattimento per credo politico, di stato o di singolo». 

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