Amstel Gold Race l’ultima classica di Damiano Cunego

Amstel Gold Race l’ultima classica di Damiano Cunego
di Francesca Monzone
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Sabato 14 Aprile 2018, 22:41
Il piccolo principe saluta. Il ragazzo di Verona, Damiano Cunego, dopo i campionati italiani di giugno dirà addio alle corse del ciclismo. Tutti ricordano le immagini di Damiano con la faccia da bambino mentre trionfava nel 2004 ad appena 23 anni al Giro d'Italia, o mentre conquistava tre Giri di Lombardia, l'argento al Mondiale di Varese, il podio alla Liegi-Bastogne-Liegi e la vittoria alla Amstel Gold Race. Sono davvero tanti i successi di questo corridore che oggi gareggia con i colori della Nippo Fantini Vini.
Cunego sognava di chiudere la sua carriera a Roma, all'arrivo del Giro d'Italia, ma la sua squadra è stata esclusa. A compensare questa mancanza ci hanno pensato gli organizzatori della Amstel Gold Race che appena hanno saputo del suo prossimo ritiro, lo hanno invitato. Un modo, questo, davvero sportivo per ringraziare il campione che sulle loro strade aveva trionfato nel 2008. Così l’Amstel Gold Race sarà, domani, l’ultima classica della carriera di Damiano Cunego.
Che effetto le fa tornare a correre questa corsa?
«È sempre bello partecipare a queste corse perché qui si respira un’aria diversa: il ciclismo è veramente amato da tutti. Ho vinto l’Amstel esattamente 10 anni fa e dopo ci sono stati tanti altri successi per me, ma sono contento di tornare. Ho disputato questa corsa anche nel 2016 ma quella di domani sarà diversa perché la vivrò con più emozione e perché sarà la mia ultima Amstel Gold Race».
Che tipo di corsa sarà?
«Spero che ci sia molta selezione per favorire i corridori che vanno forte in salita. I favoriti saranno Peter Sagan e Alejandro Valverde mentre la nostra squadra potrà contare su Marco Canola, un corridore molto bravo su questi terreni. Come ogni anno gli organizzatori hanno modificato un po’ il percorso. L’arrivo non sarà sul Cauberg, come quando ho vinto, ma sarà più avanti di qualche chilometro e questo renderà più incerto il finale».
Che stagione è per lei questa?
«Intanto ricordo che è la mia diciassettesima e anche l’ultima da corridore. Certo, ha sicuramente un valore diverso rispetto a tutte le altre perché oltre al fattore agonistico subentra anche la maturità dell'uomo».
La sua squadra non è stata ammessa al Giro d'Italia. Cosa ha pensato quando ha appreso la notizia?
«Ho provato un grande dispiacere anche perché se guardo a cosa accade in Francia con il Tour mi accorgo che loro, i francesi, danno la precedenza alle squadre di casa. Da noi, invece, non è così. Mi sarebbe piaciuto chiudere la mia carriera con la corsa che mi ha reso celebre».
Tirando le somme della sua carriera, che bilancio si sente di fare?
«Positivo. La mia è stata una carriera lunga, ho vinto tanto e posso dire di avere tanti ricordi belli oltre a momenti di difficoltà. Sono stato fortunato perché grazie al mio lavoro ho avuto la possibilità di girare il mondo. Sono contento per quello che ho fatto e ottenuto .. Rimpianti non ne ho».
Dopo i campionati italiani saluterà le corse. Come cambierà la sua vita?
«Prima di tutto posso dire che inizierò a godermi la mia famiglia. Loro sono la parte più importante della mia vita e per chi fa un lavoro come il mio è costretto a perdere tanti momenti importanti dei propri figli. Poi voglio tornare a studiare: mi piacerebbe diventare un dirigente all’interno della mia squadra, ma per farlo bisogna prepararsi».
Che squadra è la Nippo Fantini?
«Bellissima. Quando mi hanno chiesto di correre con loro, ho deciso subito di farlo perché mi hanno presentato un progetto molto interessante, che guardava al futuro. È stato bello per me confrontarmi con il mondo del ciclismo giapponese. Sono una grande nazione e come loro hanno imparato da noi a correre in bicicletta anche noi abbiamo imparato tanto da loro».
Ci sono stati dei momenti difficili nella sua carriera?
«Come nella carriera di ogni atleta. Ad esempio, lo scorso anno quando mi sono infortunato in Argentina e poi sono stato operato. Anche negli ultimi anni quando non ero più competitivo come una volta e vedevo tanti giovani passarmi davanti, mi fermavo a riflettere per capire se correre era ancora importante per me».
Nella sua carriera si è mai pentito di qualcosa?
«Ho avuto una carriera soddisfacente e di questo sono stato davvero fortunato, e non solo per le vittorie ma anche per le persone che ho conosciuto. In tutta onestà posso dire che rifarei ogni cosa e non ho nessun rimpianto».
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