L’ARCHÉ
Una storia che assume i contorni della favola. Simone è nato con una grave frattura del femore destro causata da un tentativo di rivolgimento che i medici avevano deciso di fare quando era ancora nella pancia della madre, per cercare di evitare un parto cesareo. Un femore angolato, piegato in alto e la gamba più corta che puntava verso l’esterno. Un calvario di cure estenuanti, con circa 12 interventi chirurgici (il primo a tre giorni di vita): allungamenti dell’arto e correzioni dell’anca. Come se non bastasse è subentrata anche una grave infezione che ha rischiato di fargli perdere la gamba a 5 anni. Riuscirono a salvargliela a Parigi. «Ho iniziato a nuotare perché era l’unica cosa che potevo fare senza che mi si rompesse l’osso. Ogni volta che poggiavo il piede a terra si rompeva tanto si era indebolito. L’acqua, invece, mi rendeva libero. E lo fa anche oggi». Simone ha il femore destro più corto di 15 centimetri. Ma questo non gli ha impedito di essere come tutti gli altri. «L’acqua è la mia amica. Per me ha un significato enorme». «Il nuoto è uno sport durissimo che ti costringere a guardare per svariate ore e più volte al giorno la linea blu disegnata in fondo alla piscina. Io in acqua sto bene. Mi sento libero». Per diventare agonisti ci vuole davvero tanta testa. «Il primo segreto è il divertirsi. Alla fine il nuoto è più sport di squadra di quanto si possa credere». Non è facile però andare avanti. Pochi giorni fa la Cusinato ha parlato di bulimia «Non siamo delle macchine. Siamo umani con tutte le nostre fragilità. Io credo che la disabilità faccia parte dell’uomo e non è solo quella fisica». Il nuoto come una grande famiglia: «La disabilità va trattata come normalità. Non mi piace il pietismo con cui spesso veniamo guardati. U n atleta paralimpico deve essere di esempio per quello che ha fatto nonostante la sua condizione, non puramente per cosa gli è successo. E’ giusto che si stia tutti insieme pur gareggiando divisi. Il Sette Colli è un grande esempio di questo progresso verso cui bisogna andare». Morlacchi «un fratello maggiore», Pellegrini e Paltrinieri «due miti assoluti». Oggi però i più giovani vedono Simone come modello «è una grande responsabilità. Ma dall’altro lato è un grande onore. Sentire bambini che ti dicono che grazie a te ora non si vergognano più della loro disabilità vale più di qualsiasi medaglia». Il nuoto ma anche lo studio. Laurea in ingegneria al Politecnico. Il disegno l’altra grande passione che lo rende libero. Di sognare.
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