Ryder Cup, Montali: «Il mio golf per i giovani»

Gian Paolo Montali
di Massimo Caputi
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Lunedì 16 Maggio 2016, 10:31 - Ultimo aggiornamento: 12:11
Sono trascorsi due mesi dalla nomina di Gian Paolo Montali come direttore generale della Ryder Cup. In ballo non c'è solo il prestigio, la sfida è quella di far crescere il golf in Italia.
Montali, da dove è partito?
«Dall'esperienza accumulata nelle attività precedenti. Usando un metodo di lavoro, come fa il sarto con un abito. Ho cercato di capire le aree dove intervenire per costruire il progetto adatto. Si comincia dalla creazione di un Comitato Organizzatore e successivamente da un organigramma della Ryder Cup con funzioni e competenze precise».
Un lavoro a 360 gradi?
«Sì, per questo organizzerò gruppi di lavoro con funzioni precise: commerciale, marketing, comunicazione, rapporti istituzionali, tornei e Open d'Italia. Senza dimenticare la Federazione che dovrà fare sistema con tutte le componenti in modo da sostenere lo sviluppo di questo sport».
Come pensa di allargare il numero di golfisti?
«Cominciando dal comunicare i valori. Questo è uno sport vero, non per ricchi e snob. Per giocare a golf servono tecnica, destrezza, abilità e preparazione fisica. Si gioca con la pallina da fermo, vuol dire che sei sempre da solo difronte alla componente tecnica. L'approccio mentale è fondamentale».
E si sta per ore all'aria aperta...
«Tra i valori da esaltare ci sono anche quelli dell'ecologia e dell'ambiente. Per questo dobbiamo portare il golf nelle città. All'estero è pieno di campi pratica, perfino sopra i grattacieli. C'è un altro valore importante: la salute. Uno studio svedese ha confermato che chi gioca a golf ha un aumento potenziale di vita di 5 anni».
I campi da golf di solito si trovano nei posti più belli.
«L'Italia ha caratteristiche tali che l'abbinamento golf-turismo è una conseguenza logica. Ci punteremo e in questo aiuteremo i circoli, al momento in sofferenza per mancanza di praticanti. Dobbiamo salvare posti di lavoro e aumentare gli introiti».
Per allargare praticanti e interesse c'è bisogno di storie di successo.
«Per diventare popolari servono atleti e vittorie. Solo così potremo raccontare storie avvincenti e stimolanti. Lavorerò molto sull'area tecnica»
Come pensa d'intervenire?
«Devo studiare, capire cosa accade ai nostri giovani. Dopo la Francia siamo i migliori al mondo tra i dilettanti. Abbiamo 4/5 giocatori bravi, dobbiamo però farli arrivare nell'elite mondiale».
Intanto organizzeremo la Ryder Cup...
«I meriti sono tutti del presidente Chimenti, della Federazione e di Lavinia Biagiotti che si è impegnata tantissimo e ha messo a disposizione il suo campo, il Marco Simone. È già bellissimo e diventerà straordinario. Nell'ultimo mese, ha avuto un incremento di presenze del 119%».
Incremento dovuto agli stranieri?
«Sì c'è grande curiosità. In tutto il mondo il golf è uno sport popolare e il più praticato. Il nostro obiettivo è principalmente uno: aumentare il numero dei praticanti».
Bisogna partire dai giovani?
«Dobbiamo andare nelle scuole, costruire dei kit. A Roma c'è il Convitto Nazionale che il prossimo anno ha deciso di fare solo golf, e so che in alcune zone d'Italia ci sono scuole che già gli dedicano un'ora alla settimana».
Puntare sui giovani ma anche dare un'immagine nuova di questo sport?
«Cominciando dai circoli. Devono togliersi quella patina di polvere che troppo spesso li avvolge, allargare ai giovani aiutandoli con prezzi e convenzioni».
Quanto possono aiutare i nuovi mezzi di comunicazione a cominciare dai social?
«Se vogliamo crescere dobbiamo usare tutti i mezzi a nostra disposizione, a cominciare dal nostro sito. Avremo un angolo esclusivamente dedicato alla Ryder Cup. Ci sarà un indirizzo e mail nel quale risponderò personalmente a idee e proposte».
Cambierà anche il linguaggio?
«Oggi i giovani, e non loro soltanto, digitano. Basta vedere cosa accade nei ristoranti o per strada. É mutato il modo di comunicare e noi faremo lo stesso, adeguando strumenti e linguaggio, anche in televisione. Faremo programmi in chiaro sul golf e le prossime Olimpiadi di Rio saranno importanti per questo. Dobbiamo arrivare a più gente possibile».
È un progetto ambizioso
«Nella mia vita ho sempre creduto che bisogna pensare in grande, altrimenti non vinci. Al tempo stesso bisogna guardare in piccolo. Sembra un controsenso ma non lo è. Il Coni sta lavorando in questo senso, cercando di portare l'Olimpiade a Roma e in Italia».
Lo sport può essere uno strumento per far crescere il nostro paese?
«Noi italiani siamo geniali, ma spesso all'estero non ci vedono come grandi organizzatori. Ma se ci affidiamo alle persone giuste sappiamo dare grandi dimostrazioni di affidabilità. Gli Internazionali di tennis appena conclusi ne sono la conferma e lo stesso deve valere per la Ryder Cup e le Olimpiadi di Roma 2024».
Massimo Caputi
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