Pozzovivo: «Alla Tirreno i test per il Giro d'Italia»

Pozzovivo: «Alla Tirreno i test per il Giro d'Italia»
di Carlo Gugliotta
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Mercoledì 10 Marzo 2021, 08:30

Disputare una grande corsa a tappe è uno sforzo impressionante. Figuriamoci disputarne due in una stagione, per di più con quattro placche di titanio e venti viti infilate nel braccio. Nell’agosto del 2019, Domenico Pozzovivo viene travolto da un’autovettura mentre si stava allenando in Calabria. In un primo momento la carriera sembra finita, ma lo scalatore lucano ha sempre dimostrato di avere una grinta fuori dal comune, che gli ha permesso, nel 2020, di correre una parte del Tour de France e competere per il podio finale al Giro d’Italia. Dopo lo Uae Tour, che ha segnato il suo esordio stagionale, il portacolori della Qhubeka-Assos da oggi è pronto a vivere un’importante Tirreno-Adriatico, snodo importante in vista del prossimo Giro d’Italia.
Domenico, come ha trascorso l’inverno?
«È stato un periodo di preparazione abbastanza anomalo per me, in genere nelle scorse stagioni esordivo verso gennaio, invece quest’anno ho fatto un blocco di lavoro con la squadra e poi uno sull’Etna prima di correre lo Uae Tour. È stata la mia prima gara senza le viti e le placche in titanio. A ottobre, finita la corsa rosa ho rimediato una brutta infezione che ho dovuto curare con sei settimane di antibiotici in quanto era sostenuta da tre batteri. A fine marzo farò un piccolo intervento all’ulna, ma adesso mi concentro solo sulla Tirreno».
Come ha reagito all’idea di poter tornare a correre senza le placche?
«Quando ho visto le radiografie mi sono emozionato. La scorsa stagione è stata un po’ ad alti e bassi, ma aver sfiorato la top-10 del Giro d’Italia e aver saputo che da lì a poco avrei rimosso placche e viti mi ha fatto capire quanto sia stato importante non aver mai mollato l’obiettivo che avevo nella testa. Dopo l’incidente stradale ho vissuto un mese durissimo all’ospedale. All’improvviso, non ero più una persona normale. Facevo difficoltà a sentirmi ancora un corridore. Non dicevo a nessuno che sognavo di tornare a gareggiare, era un sogno che coltivavo dentro di me. Poi, quando le cose sono iniziate a migliorare, l’ho confessato ai fisioterapisti. Agli ortopedici che mi seguivano, invece, l’ho tenuto nascosto: avevo paura che non mi avrebbero dato l’ok per risalire in sella».
È riuscito a riprendersi anche dopo la caduta al Tour de France...
«Iniziare il Tour con una caduta per colpa di uno spettatore che si mette in mezzo per farsi un selfie non è il massimo. Da lì in poi ho affrontato le tappe più per salvaguardare la mia incolumità che per cercare il risultato, così la squadra mi ha suggerito di ritirarmi e di preparare il Giro. È stata una mossa vincente. Tornare lì davanti in una classifica generale non è facile, ma io ce l’ho fatta. Ho 38 anni, ho disputato 14 Giri d’Italia, ma quello del 2020 è stato il più emozionante della mia carriera. È stato bellissimo sapere che avrei potuto dire ancora la mia».
Qual è il suo obiettivo stagionale?
«Il Giro.

Alla Tirreno-Adriatico parto con l’obiettivo di testarmi sulla salita di Prati di Tivo, anche perché lo Uae Tour mi ha fatto capire di cosa ho bisogno per farmi trovare pronto ad alti livelli nel mese di maggio. Sarà invece difficile competere nelle tappe marchigiane, le salite sono troppo esplosive. Dopo la Corsa dei Due Mari farò uno stage in altura, prenderò parte al Tour of the Alps e alla Liegi-Bastogne-Liegi, ultima gara prima del sogno rosa».

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