Cristiano De André, il padre e Sanremo: oggi sono felice, mi sono guadagnato il mio cognome

Cristiano De André (Rizzo/Toiati)
di Filippo Bernardi
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Venerdì 7 Marzo 2014, 15:33 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 20:58

Il palco di Sanremo, i conti fatti con quel cognome tanto immenso da diventare per forza ingombrante.

E poi il giudizio severo su una società in cui stenta a trovare una voce che non sia di protesta, rottura. Cristiano De André torna dall'Ariston con due brani in più inseriti nell'album "Così in cielo così in guerra" ("Invisibili", quello scartato dal televoto ma che ha fatto il pieno di premi e "Il cielo è vuoto") ma soprattutto con più consapevolezza del cammino compiuto. Oggi è felice delle cose che fa, racconta a Messaggero Tv. «E non perché è solo merito del mio cognome ma perché mi sono dato un sacco da fare». E oltre a un tour, con partenza il 28 marzo all'Auditorium della Conciliazione di Roma, in cantiere c'è anche un'opera rock sull'amore da mettere in scena insieme a Gianna Nannini.

Cosa porti con te di questo Sanremo?

«Porto la grande emozione che quel palco dà e forse anche un modo diverso che ho avuto di affrontarla.

Insomma, sono riuscito a controllarla di più rispetto al passato».

E' stato detto che hai fatto pace con il tuo cognome, condividi?

«Non è che ho fatto pace con il mio cognome, sono ben felice di avere il cognome che ho. Diciamo che ho fatto pace con chi dava valore solo a quello e non a Cristiano. Forse anche "loro" sono dalla parte di Cristiano e credo di essermelo guadagnato e mi fa piacere che la gente me lo abbia riconosciuto. Io stesso sono contento delle cose che faccio e non perché è solo merito del mio cognome ma perché mi sono dato un sacco da fare».

Nel tuo album "Così in cielo così in terra" parli di caste, ingiustizie, di legge del più forte. Cosa ti spinge ad affrontare questi temi?

«Mi spinge quello che sta succedendo e che è successo in questi ultimi 40 anni portatori di nulla. Non si dà spazio agli artisti e alla cultura, molti giovani di oggi non conoscono niente perché niente gli è stato insegnato se non affezionarsi a certe trasmissioni che facevano vedere ghiandole mammifere e nient'altro. Tutto a discapito della bellezza che il nostro Paese ha. Un Paese che è stato infangato, su cui per anni una classe politica si è pulita le scarpe. Domina la legge del più forte».

"Come in cielo così in guerra", per l'appunto?

«Proprio così. E' una guerra silenziosa in cui ci stanno togliendo la possibilità di essere vivi. Siamo tornati stupidi. Non si dà più il valore che meritano all'arte, alla letteratura... Oggi tutto questo vale poco rispetto ai numeri che fai e a quanto riesci a schiacciare gli altri. Mai la frase di Francesco De Gregori "Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo", è vera come in questo momento». Guarda il resto dell'intervista