«Hanno vinto Arisa e la prevedibilità»

«Hanno vinto Arisa e la prevedibilità»
di Luca Ricci
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Domenica 23 Febbraio 2014, 13:06 - Ultimo aggiornamento: 13:27
La finale del Festival non ha tradido le aspettative: calma piatta. Fazio e Littizzetto, com’era prevedibile, hanno continuato a sminuire la gara, ma è l’intera formula che va ripensata: le orribili primarie con due canzoni non aiutano. Inoltre la modesta media delle canzoni non è un fatto secondario, perché non suscita l’effetto tifo da casa. Il punto è che i pezzi memorabili mica crescono sugli alberi, vanno cercati, programmando un Festival che punti sulla musica per tempo, anziché voler confezionare un simpatico (a tratti) varietà.



Maurizo Crozza, come già ipotizzato nell’analisi di ieri, ha perso per la seconda volta di seguito la sua sfida con l’Ariston. Essendo stato contestato lo scorso anno ha commesso l’errore più grande per un comico: ha tentato di voler mettere tutti d’accordo, di accattivarsi le simpatie del pubblico. Il risultato è stato un monologo sulla bellezza dell’Italia che ha ricordato il Benigni meno pungente, quello risorgimentale e pieno di senso civico (a noi piacciono solo i piccoli diavoli). L’imitazione di Renzi, meno di un minuto, è stata possibile solo grazie all’insistenza di Fazio. Come se Pippo Baudo avesse dovuto pregare Beppe Grillo (quando faceva ancora il comico) per farlo parlare male di Craxi.



Infine Arisa, e anche questo era ampiamente previsto, ha vinto con la canzone Controvento: in linea con la mancanza di solennità delle cinque serate, all’annuncio stava per cacciare uno sbadiglio.



Che altro è stato questo Festival? In una sorta di rivisitazione del ritratto di Dorian Gray, abbiamo visto il mondo politico ringiovanire e la società dello spettacolo invecchiare. Ai vecchi illustri delle quattro serate precendenti, ieri sera si sono aggiunti Terence Hill, Claudia Cardinale e Luciano Ligabue (spiace dirlo, ma col capello corto sale e pepe e la prestazione soporifera è risultato il più giovane degli anziani). A voler rimescolare un poco le carte, a tratti Sanremo è sembrato Palazzo Chigi e Palazzo Chigi Sanremo: Grillo dopo le consultazioni con Renzi ha fatto un vero monologo satirico, un tantino nebuloso e farneticante ma dalla verve inappuntabile; Crozza, rivolgendosi all’Europa per difendere il marchio Italia, ha avuto il perfetto tono populista del politico navigato.



Per il prossimo anno speriamo si cambi musica, in tutti i sensi. Vorrei vedere alla conduzione e alla direzione artistica nomi nuovi, magari giovani per davvero. Si potrebbe addirittura provare con Pif, che è stato bravo ma per ora solo in orizzontale: “Sanremo e San Romolo” era uguale a “Il testimone”.
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