Ed Ruscha, nei nuovi “word paintings” il declino del mito americano

Ed Ruscha, Inner-City Make Scream, 2014, Acrilico su tela, 100 x 127 cm, ©Ed Ruscha, Foto di Paul Ruscha, Courtesy of the artist and Gagosia
di Valentina Bruschi
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Martedì 13 Gennaio 2015, 12:20 - Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 14:13
Considerato oggi uno dei maggiori artisti sulla scena internazionale, il settantasettenne statunitense Ed Ruscha racconta con le sue opere - tra Pop e Conceptual Art - la mutevolezza dei valori della società americana attraverso stereotipi della West Coast: da Hollywood ai distributori di benzina stilizzati, dai parcheggi alle autostrade infinite, fino ai rarefatti paesaggi del deserto.



La mostra. Intitolata "Ed Ruscha Paintings", l'esposizione alla Gagosian Gallery di Roma (via F. Crispi, 16. La mostra è stata prorogata fino al 10 febbraio) è stata curata dall'artista stesso, con opere che approfondiscono la ricerca iniziata nel 2011, con la serie “Psycho Spaghetti Westerns”: ampie vedute di taglio orizzontale – cinematografico – con nature morte iperrealiste, costruite attraverso la rappresentazione di rifiuti urbani quali: brandelli di pneumatici (“gators”), lattine di birra, materiali da costruzione e materassi abbandonati. E’ il deterioramento della realtà che interessa l’artista, il declino del mito dell’impero americano. Un’indagine che prende come spunto il paesaggio della periferia di Los Angeles, e ne fa paradigma universale.



La poetica dell’artista. Questa nuova serie non tradisce la cifra dell'artista, né la sua poetica. La sua creatività è attratta dai materiali usurati che sembrano prendere una nuova vita attraverso l’arte: “mi affascinano i rifiuti, gli scarti, quegli oggetti consunti che finiscono per assomigliare ad animali spaventati”.



Come sempre, nelle sue opere pittoriche – famose come “word paintings” – è la potenza evocativa delle parole che emergono, laconiche e sovrapposte alle immagini naturalistiche, in un gioco mentale tra segno, significato e immagine. Così, nelle ruote di gomma sfaldate di “Inner City Make Scream”, opera-icona della mostra, il testo – bianco – si staglia sulla rappresentazione degli pneumatici, che assumono le sembianze di rettili o di ali sbattute, in balia del vento. Sullo sfondo il consueto orizzonte surreale prediletto dall’artista, qui di colore turchese, dove mettere a fuoco “il punto in cui il cielo incontra la terra”.