Benjamin, O’Connor, Lessing, Yates: le stroncature eccellenti nei pareri editoriali di casa Einaudi

Benjamin, O’Connor, Lessing, Yates: le stroncature eccellenti nei pareri editoriali di casa Einaudi
di Luca Ricci
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Venerdì 8 Maggio 2015, 18:53 - Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 10:36
In un mondo editoriale odierno spesso dominato da logiche clientelari, se non direttamente familistiche o mafiose, stupisce la severità con la quale Elio Vittorini giudica, e direi liquida, il libro del collega Italo Calvino “Bianco Veliero” (a onor del vero non proprio il libro di maggior prestigio dello scrittore de I nostri antenati): “Tra pagina 56 e pagina 197 c’è una gran fretta da bambocciata. C’è infantilismo e basta. Io gli direi di riprenderlo, rileggerlo a freddo, e vedere se non può riscrivere, dico riscrivere, tutte le pagine dalla 56 alla 197”.

Quella di Vittorini su Calvino è solo una delle tante schede di lettura raccolte nel volume “Centolettori. I pareri di lettura dei consulenti Einaudi” (Einaudi 2015, pag. 443, 26,00 €). Dal 1941 al 1991- tanto è lungo l’arco temporale coperto dal libro- sono svariati e a volte insospettabili gli autori bocciati, che non riescono a superare l’ostacolo di una prima analisi (ma talvolta basta un appunto, o un’osservazione). Le parti più divertenti sono proprio quelle in cui qualche mostro sacro del futuro viene più o meno liquidato in mezza cartella. Ecco ad esempio come Carlo Fruttero rigetta il romanzo “Wise Blood” (in seguito pubblicato da Garzanti col titolo La saggezza nel sangue) di Flannery O’Connor: “I primi capitoli sono promettenti ma poi mi pare che incominci a barare, e tutta la storia prende un’aria di voluto e appiccicato”.



E’ come se sfogliando il libro, pagina dopo pagina, si formassero due squadre (esaminandi versus esaminatori) impegnate in una partita estenuante: quella per cercare di stabilire la qualità oggettiva di un testo letterario. Partita senza vinti né vincitori, perché un testo letterario, in quanto tale, non potrà mai avere una risoluzione tetragona, ma sarà soggetto agli influssi del tempo, del gusto, del pensiero. Così Roberto Bazlen può liquidare Walter Benjamin con una sberla lunga due righe: “E’ così fané, così pretenzioso nella sua perfezione stilistica… Certi diamanti col tempo diventano banalità adamantine”. Giorgio Manganelli distrugge letteralmente il futuro premio Nobel Doris Lessing ricorrendo a un figurato da tinello londinese: “La sua pagina sa di virtuosa varichina, i suoi periodi vanno in giro con le calze ciondoloni”. Lo stesso Italo Calvino ghigliottina la testa di Julio Cortázar con un’analisi impietosa proprio perché colma di buon senso: “Il libro non mi piace, ma tenuto conto che è un nostro autore, che questo libro è meglio del precedente che abbiamo già acquistato, che un interesse obiettivo di lettura c’è, temo che bisognerà dire sì”.



L’abbaglio più grande, l’errore più marchiano basandosi sulle sole 194 schede di lettura contenute in questo libro? Forse è il caso di Richard Yates, perché si tratta di uno scrittore riabilitato recentemente. Nel 1991 Elena De Angeli rispetto all’idea di ripubblicare “Revolutionary Road” (il romanzo era uscito nel 1964 da Bompiani) scrive: “Sono tristi e belli, questi libri, trent’anni dopo… L’America desolata, la malinconia del quotidiano… E’ passato troppo tempo, più nessuno, ahimè, ha voglia di queste cose”. Chi segue un poco le vicende dei libri sa come è andata a finire: una manciata di anni dopo rispetto alla scheda einaudiana “Revolutionary Road” è stato pubblicato da una casa editrice indipendente e, anche grazie a un film con Leonardo di Caprio e Kate Winslet, è diventato un clamoroso best seller.



(Twitter: @LuRicci74)