E non soltanto dimenticato dai lettori, ma anche e soprattutto dai critici che mai, da alcuni anni a questa parte, gli hanno dedicato una citazione, uno straccio di richiamo. Come se non fosse mai esistito.
Eppure, quando alla non più verde età di sessantuno anni esordì con Diceria dell’untore (1981), ebbe immediato e chiassoso successo, coronato dal Premio Campiello, allora un riconoscimento ambito; e sette anni dopo si aggiudicò lo “Strega” con il romanzo Le menzogne della notte.
VISIBILITÀ
Perché scompare così uno scrittore che durante i quindici anni di visibilità letteraria (quelli in cui produsse romanzi, saggi, poesie, aforismi e inarrivabili elzeviri) fu assediato dai giornalisti culturali, spediti nella sua Comiso per intervistarlo? Certo, la fisiologia della memoria, che, con rare eccezioni, trascina nella dimenticanza ogni essere venuto sulla terra, può essere una spiegazione, ma non basta, perché stiamo parlando di uno scrittore il cui pensiero, quando era in vita, davvero dilagava nei dibattiti culturali.
Probabilmente una ragione c’è, ed è dovuta al fatto che Bufalino è stato lo scrittore siciliano meno siciliano di tutti gli altri.
Che se ne fanno, oggi, i lettori di uno scrittore siciliano che non ha avuto la Sicilia come sua esclusiva materia d’ispirazione? Che non ha fatto sfoggio di rassicuranti (per i lettori di altre regioni) luoghi comuni siciliani? Che si è guardato bene dall’esibire siculi teatrini folcloristici?
PARTECIPAZIONE
Negli scrittori siciliani più importanti – Verga, De Roberto, Pirandello, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Sciascia (Vittorini è un caso a parte) – c’è sempre una partecipazione emotiva, oltre che intellettuale ed etica, alle vicende siciliane variamente raccontate. Una partecipazione emotiva che in qualche modo, anche se in maniera differente, incide sullo stile. In Bufalino questo non avviene. Mai.
Bufalino visse in Sicilia, ma non la visse. Per lui la Sicilia era il buco di mondo dove abitava, capace tuttavia di rappresentare il mondo intero.
MONDO
Erano i libri, tutto il suo mondo; e quelli non se li fece mai mancare, al punto che quando sentì il bisogno di leggere I fiori del male di Baudelaire nella lingua originale, non avendone a disposizione una copia in edizione francese, tradusse da sé il libro dall’italiano al francese.
IMPEGNO
Ho ricordato altre volte, ma merita di essere qui riportato un momento di conversazione tra Bufalino e Sciascia.
«Voglio confessarti una cosa», gli disse una volta lo scrittore di Comiso. «Invidio la tua forza civile, il tuo impegno sociale, la tua capacità di servirti della parola scritta per persuadere o dissuadere. Io invece non so fare scrittura morale».
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