Vita degli ebrei romani prima della
Shoah: ecco i film ritrovati e restaurati

Vita degli ebrei romani prima della Shoah: ecco i film ritrovati e restaurati
di Fabio Isman
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Mercoledì 1 Ottobre 2014, 20:31 - Ultimo aggiornamento: 6 Ottobre, 20:51

Quelle scatole tonde da merceria, di cartone, con dentro i rulli dei film, se le ricordavano nella casa della nonna, Iole Campagnano, su un soppalco in cucina: era vietato avvicinarsi, perch il nitrato fortemente infiammabile, racconta Claudio Della Seta, giornalista, redattore capo al Tg5. Poi, sono andate in casa di uno zio. «Infine, ci abbiamo guardato dentro». Undici pellicole rarissime, del 1923: «Abbiamo potuto riconoscere la data esatta, perché ritraggono il matrimonio dei miei nonni, Iole e Silvio, a Perugia, il 14 ottobre 1923. Poi si vede qualcuno che porta un giornale sulla spiaggia, e c’è un grande interesse di tutto il gruppo di famiglia per leggerne la prima pagina; abbiamo ingrandito il fotogramma; ecco Il Messaggero del 1 settembre 1923, e un grande titolo: lo sbarco delle truppe italiane a Corfù». Sono pellicole in 35 millimetri: «Di un quarto di secolo dopo l’invenzione del cinema; non c’erano ancora i formati amatoriali, ma solo il 35 millimetri, in negativo: presupponeva dei macchinari ingombranti ed una spesa non da poco; era ancora assai scarsamente diffuso».

I DEPORTATI

I Della Seta guardano quelle immagini lontane. Qualcuno identifica i bisnonni, Giulia e Samuele detto Lello: «Molti non li hanno nemmeno conosciuti; sono stati deportati il 16 ottobre 1943 dalle SS, nella terribile retata di Roma: non sono più tornati da Auschwitz». Saranno 71 anni esatti tra pochi giorni. Papà e zio di Claudio guardano con grande interesse, e quasi nascondono le emozioni; non così le più giovani generazioni, i nipoti: «Eravamo molto commossi; è scattata la gara alle identificazioni e alle somiglianze: una cugina pare esattamente nonna Iole da giovane». Claudio Della Seta spiega che, pochi anni fa, lo Yad Vashem, il «memorial» della Shoah a Gerusalemme, per ricostruire la vita degli ebrei europei prima delle razzie delle SS, «ha chiesto a ogni paese dei filmati; in Italia, però, non ne hanno trovati; anche per questo sono immagini assai rare». Girate da «zio Salvatore Di Segni: aveva questa passione, e poteva permettersela; a Como aveva fondato un’industria di tessitura»; divertente: un Di Segni parente dei Della Seta che si occupa dei laboriosi bachi e dei filugelli.

VITA QUOTIDIANA

Si vede l’intera famiglia al mare, forse ad Anzio; e sulla neve, forse all’Aprica. Lieta, spensierata; le infami leggi razziali sono ancora lontane: mancavano ancora 15 anni. Sci ed abiti di una volta; costumi da bagno assai antichi; un uomo è sotto l’ombrellone con il papillon, il cravattino. E le nozze dei nonni Silvio Della Seta e Iole Campagnano: «Un matrimonio osteggiato; erano primi cugini, figli di due sorelle, Italia e Giulia». Il papà di Iole era un melomane: Giuseppe Campagnano. Prima, abitava a Perugia; «era tra i maggiori grossisti di lignite del Valdarno: riforniva di carbone la Perugina, la Buitoni, ed altri; l’equivalente di un petroliere d’oggi». A Roma si è salvato con la famiglia durante la guerra: nascosti nel convento di Sant’Alessio Falconieri, a Monteverde; «con loro, soprattutto degli ufficiali. Lui, la notte stava lì; ma di giorno usciva». Si occupava degli ebrei bisognosi di Roma: in famiglia, era il più praticante, ha messo in salvo anche gli arredi della Comunità. Se ne è andato nel 1963; la preziosa raccolta di musica incisa l’ha lasciata alla Discoteca di Stato; aveva ascoltato da giovane, per 40 giorni, tutte le repliche di Bohème.

IL RESTAURO

Ora, queste pellicole sono state restaurate dall’Icrcpal, l’Istituto centrale per il restauro dei libri, che da poco, ha anche competenza sui film. Se ne sono occupati Maria Cristina Misiti, la direttrice, con Mario Musumeci per il Centro sperimentale cinematografico. «Ne abbiamo fatto una copia, domenica la doneremo al Cdec di Milano, il Centro di documentazione ebraica; quasi certamente, sono tra i primi family movies in Italia, e tra i pochissimi che documentano la quotidianità d’una famiglia ebraica nella penisola prima della Shoah». Erano «giudei», e italiani: «Al museo ebraico c’è la ketubàh di Lello e Giulia, i bisnonni che non sono più tornati, il loro contratto di nozze; in un angolo, si vede un nastrino tricolore, proprio per spiegare questa doppia identità». E dopo aver trovato i filmati, anche la sorpresa: «L’abbiamo detto un po’ a tutti i parenti, molti ormai sono sparsi lontano; e a Buenos Aires, sono stati rinvenuti altri trenta rulli di immagini, poco successive». Claudio non vede l’ora di guardarle: altri parenti remoti, altre storie che prima, si potevano raccontare soltanto con le parole. E, si sa, nulla fa più effetto delle immagini, specie se in movimento e, magari, colte alla sprovvista.

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