The Young Pope di Sorrentino, quando il Papa è giovane ma il regista è vecchio

The Young Pope di Sorrentino, quando il Papa è giovane ma il regista è vecchio
di Luca Ricci
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Sabato 22 Ottobre 2016, 10:28 - Ultimo aggiornamento: 18:44
Il racconto del potere
I primi due episodi di The Young Pope trasmessi su Sky raccontano gli intrighi del Vaticano attraverso l’immaginaria vicenda di un Papa americano (Jude Law, il quale sembra più un Drugo che un uomo di chiesa, uno di quei teppisti del film “Arancia meccanica” di Kubrick) eletto a sorpresa per far sì che in realtà continui il governo del Segretario di Stato (Silvio Orlando, bravo ma con un neo posticcio che grida vendetta). In questo, il lavoro del premio Oscar Sorrentino purtroppo non tradisce in nulla la vocazione delle serie tv, che sembra quella di voler banalizzare il potere (di un boss di camorra, di un presidente Usa o di un Papa, non fa molta differenza) confezionando un prodotto su misura per una platea (impotente) drogata di scandali, tradimenti e nefandezze varie (è una battuta dal Papa a chiusura del secondo episodio: “Siccome nessuno mi vuole bene, mi aspetto qualsiasi nefandezza”).
 
Visioni fuori luogo
Se Sorrentino segue tutti i peggiori cliché delle serie, non rinuncia però ai suoi tocchi d’artista, rendendo se possibile il prodotto ancora più fastidioso e antipatico. E’ come se il mondo del Vaticano- già di per sé così esotico e visionario- avesse avuto bisogno di un occhio molto più severo e circoscritto per essere raccontato (reso) con efficacia. I ralenti o i voli di camera che raccontano più la psicologia del regista che non quella dei personaggi, in questo caso risultano fastidiosi, come vezzi che interrompono un meccanismo- quello delle storie seriali- che si vorrebbe perfetto sul piano narrativo. Così tutte le ossessioni cui Sorrentino non rinuncia e che rappresentano i suoi tormentoni- il canguro che scorrazza nei giardini vaticani (ad esempio gli aironi ne “La grande bellezza”) o le suore che giocano a pallone (ad esempio le pallavoliste ne “L’amico di famiglia”)- sono depotenziate perché inserite in un contesto già di per sé fantastico e chimerico: i crocifissi, le basiliche, gli abiti dei porporati, le opere d’arte…  
 
Serie senza episodi
Se l’estetica di Sorrentino nei lungometraggi si era andata costituendosi come cinema senza film (in questo senso significativa la scena in “Youth” del direttore d’orchestra che tiene il concerto facendo a meno della musica), qui l’ambizione (arroganza?) del regista si scontra con la modularità di una serie che non può non esser fatta (anche) di episodi. I dialoghi (quasi sempre a due) sono debolissimi, i flashback brutti (da sempre sono il tallone d’Achille di Sorrentino, con quella fotografia volgare da foto ingiallita dal tempo), l’azione azzerata. E non basta a destare un po’ di curiosità la dinamica (abbastanza scontata, in verità) degli accostamenti tra sacro e profano. Al di là di chi si sentirà colpito nella propria sensibilità religiosa, “The Young Pope” infatti gioca costantemente con l’immaginario cristiano dell’Occidente: la Casa di Dio è in cielo, sì, ma ha una piscina; il Segretatio di Stato rivolge le sue preghiere a Pipita Higuaín, bomber del Napoli, invece che ai santi; Suor Mary (Diane Keaton, brava ma molto a disagio) la sera in camera indossa una t-shirt con su scritto “I’m a vergin” e così via.
 
Serie Horror
La prima omelia del Papa Drugo (è giovane e bello ma come mossa di marketing impone che la sua immagine venga mostrata il meno possibile…) che terrorizza San Pietro con parole minacciose e subito dopo lo stacco su un interno in cui il Segretario di Stato chiede l’assoluzione a un bambino paralitico per tutto il male che dovrà fare per salvare la Chiesa, inducono a pensare alla serie come a un ludico feuilleton dark (e forse splatter?). Ma a monte resta forte la sensazione di aver visto qualcosa che non è stato efficace. “The Young Pope” non suona provocatoriamente divertente, ma solo del tutto inverosimile. Attendiamo impazienti di (ri)crederci.