Festival Venezia, i film italiani in gara: dai titoli ai budget e i registi

Storie da kolossal a caccia di premi

Festival Venezia, dai titoli dei film ai budget e i registi a caccia di premi
di Francesco Alò
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Mercoledì 30 Agosto 2023, 11:15 - Ultimo aggiornamento: 11:28

Siamo kolossal. Il cinema italiano arriva in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con ambizioni di vittoria legate a produzioni quasi titaniche. Autori affermati (Diritti il più vecchio: 63 anni) e belle promesse (Castellitto: 31). Non è più il cinemino "due camere e cucina" pidocchioso degli anni 90 ed è difficile intravedere la tradizione neorealista. Sono film sulle ideologie della Seconda guerra mondiale, gangster movie, odissee migratorie subsahariane, avventure notturne dal sapore di Dolce vita. Andiamo in Africa e Svizzera oppure ci perdiamo nei labirinti della Roma "capoccia der mondo infame". Spesso sono coproduzioni internazionali dove comunque imponiamo le nostre star tra cui spicca Pierfrancesco Favino. Io capitano di Matteo Garrone è forse il più atteso e non solo per gli 11.2 milioni di euro di budget. Le riprese iniziarono a marzo 2019 poco prima che il regista romano incassasse 15 milioni di euro con Pinocchio. Fu l'ultimo nostro film pre-covid a infiammare il botteghino italico. In questo 2023 è un miracolo se una pellicola italiana arriva a 4 milioni. Mentre l'estate 2023 è stata segnata da record sbarchi a Lampedusa, Garrone racconta cosa c'è prima: l'avventura che da Dakar porta sulle nostre coste i cugini sedicenni Seydou e Moussa, tra deserto del Sahara e centri di detenzione in Libia.

Le stelle del Cinema illuminano il red carpet

Il flusso

Nessun importante regista occidentale ha avuto finora l'idea di filmare il flusso migratorio in diretta. Si mormora scartato a Cannes, Io capitano è la prima volta di Garrone in Concorso a Venezia. I protagonisti Seydou Sarr e Moustapha Fall potrebbero essere perfetti per il Premio Marcello Mastroianni a un attore emergente. Prima volta in competizione in Laguna anche per Giorgio Diritti che con Lubo ci porta nella Svizzera del 1939 dove il circense di etnia janish che dà il titolo al film è un padre di famiglia felice, girando di cantine in cantone con moglie e figli. Ispirato al romanzo Il seminatore di Mario Cavatore, il film svela il tentativo di pulizia etnica attraverso il rapimento di bambini janish per trapiantarli in altri contesti familiari. Un budget discreto (7 milioni di euro), lo Joaquin Phoenix europeo protagonista assoluto (quel Franz Rogowski già visto nel Freaks Out di Mainetti) e il secolo del Novecento rievocato con orrori ed errori. Degli italiani nella competizione maggiore è quella che ha entusiasmato il direttore Alberto Barbera.

La guerra

Più freddo fu presentando Comandante di Edoardo De Angelis, filmone di guerra da 15 milioni di budget con sommergibili, oceani da solcare, profluvio di effetti visivi al computer e un soldato fascista onorevole interpretato da Pierfrancesco Favino. È la storia di Salvatore Todaro (Favino), capo del sottomarino Cappellini della Regia Marina. Dopo un conflitto a fuoco nell'Oceano Atlantico nei primi anni della Seconda guerra mondiale, Todaro prenderà una decisione coraggiosa. Il quinto film dell'autore casertano, anche lui debuttante in Concorso a Venezia, ha l'onore di aprire le danze non solo del Concorso ma di tutta la 80esima edizione di Venezia dopo il forfeit di Challengers di Luca Guadagnino causa sciopero attori a Hollywood.

Promesse e conferme

Con Enea di Pietro Castellitto entriamo nella categoria "giovani promesse". Vincitore in Laguna con Miglior Sceneggiatura nella sezione Orizzonti, sorella minore del Concorso, per il folgorante esordio I Predatori (2020), Castellitto porta uno spaccato di vita agiata a Roma Nord dove una famiglia altolocata vede al suo interno un padre nato povero e un figlio già straricco in culla: li interpretano i Castellitto (Sergio e Pietro) in un interessante confronto generazionale che forse ci dirà qualcosa anche del loro rapporto familiare e artistico. Costato 8 milioni, sarà la conferma dell'attore e regista romano classe 1991. C'è molta attesa anche per il ritorno a casa del nostro miglior regista di genere degli ultimi 20 anni: Stefano Sollima. Colui al quale dobbiamo la "criminalmania" audiovisiva scoppiata in Italia grazie alla serie tv Romanzo criminale (2006), torna a girare un film sul suolo italiano dopo gli ottimi Soldado (2018) e Senza rimorso (2021) realizzati negli Stati Uniti. Adagio ha un buon budget (quasi 12 milioni) e un supercast: Toni Servillo, Valerio Mastandrea e Pierfrancesco Favino.

Intrighi politici, poliziotti corrotti e delinquenti incartapecoriti si fronteggeranno dentro una Roma invasa dagli incendi, citando la fiammeggiante estate capitolina del 2022.

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Concludiamo con il più gigantesco di tutti: Finalmente l'alba di Saverio Costanzo, addirittura 29 milioni di finanziamento, con aspirazioni Oscar ben definite, cast internazionale che piace ai giovani (Lily James ma soprattutto Joe Keery di Stranger Things) e il faro Federico Fellini a indicare la strada nella notte. Siamo in una Cinecittà del 1953 quando una pischella del popolo entra in contatto con divi, nobili decaduti e le classiche notti brave romane che, da La dolce vita (1960) a oggi, irretiscono chiunque dal tramonto all'alba. Sullo sfondo la morte di Wilma Montesi, caso che affascinò, divise l'opinione pubblica e influenzò proprio La dolce vita.

La vittoria

Vinceremo qualcosa dopo la disfatta di Cannes 2023? Intanto abbiamo il doppio dei concorrenti schierati rispetto alla Croisette e questo già alza le possibilità. Sono dieci anni che non otteniamo il Leone d'oro (2013: Sacro Gra) anche se lo avrebbe meritato Sorrentino due anni fa con È stata la mano di Dio. Ci presentiamo kolossal (82 milioni di budget per 6 film). Speriamo di essere anche belli.

 

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