Si chiude a Hollywood lo sciopero
degli autori, attori ancora in agitazione

Autori in corteo
di Gloria Satta
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Lunedì 25 Settembre 2023, 15:53
Un passo avanti, e molto importante, è stato fatto. Dopo 146 giorni di paralisi completa, a Hollywood gli sceneggiatori e i produttori in lite sul nuovo contratto di lavoro hanno trovato un accordo, destinato a valere tre anni. Restano in sciopero gli attori, che avevano iniziato l’agitazione più tardi e appartengono a un sindacato diverso da quello degli autori: la loro assenza nelle ultime settimane ha pesato in tutte le attività di promozione dei film, e si è sentita anche sul red carpet della Mostra di Venezia. E se l’astensione dal lavoro degli attori continuasse a oltranza, rischierebbe di mettere a rischio addirittura la cerimonia degli Oscar, prevista il 10 marzo 2024.
LE CLAUSOLE. Intanto c’è l’accordo tra autori e produttori che, sperano nell’industria, potrebbe fare da apripista per la conclusione della vertenza degli attori. L’accordo che sta per essere firmato è provvisorio: manca infatti la stesura finale del documento che dovrà essere esaminato dalla direzione della Wga, il sindacato degli autori, e poi approvato dalla maggioranza degli 11.000 iscritti attraverso il voto online, passaggio indispensabile anche se il "sì" della base è scontato. «Abbiamo raggiunto un accordo provvisiorio con l'Alleanza che riunisce gli Studios tradizionali e piattaforme di streaming (Amptp). È stato possibile grazie alla tenace solidarietà degli iscritti e allo straordinario supporto degli altri sindacati dello spettacolo», dichiara una nota della Wga (Writers Guild of America), «possiamo dire con grande orgoglio che questo accordo è eccezionale, prevede passi avanti significativi per autori e sceneggiatori di tutti i settori». Gli Studios hanno accolto parte delle richieste della Wga garantendo aumenti della paga minima, garanzie sulla fase di scrittura della sceneggiatura, diritti d'autore più alti per le opere sfruttate in streaming e tutele contro l'intelligenza artificiale, che rischia di  mandare in pensione gli sceneggiatori.
LO SCONTRO. Negli ultimi cinque mesi, il livello dello scontro è rimasto sempre alto e tutti tentativi di riaprire la contrattazione erano naufragati. Mercoledì scorso il clima è cambiato improvvisamente. E’ sceso in campo, per spingere sull’accordo, anche Gavin Newsom, governatore della Califoni,a uno stato che vive sull’industria del cinema ed era stato messo in ginocchio dall’agitazione. E si sono seduti al tavolo del negoziato amche i big del settore accanto a Carol Lombardini della Amptp: Ted Sarandos di Netflix, Donna Langley della Universal, Bob Iger della Disney e David Zaslav della Warner Bros. L’ulteriore paralisi della produzione avrebbe infatti privato di prodotto non soltanto le sale cinematografiche ma anche i colossi dello streaming che nelle ultime stagioni sono proliferate, anche grazie alla pandemia che ha registrato un incremento mostruoso dei consumi in casa. Resta in stallo la trattativa per risolvere la vertenza degli attori, si spera in uno sblocco a breve termine.
LE RIPERCUSSIONI. Da Hollywood le ripercussioni dello sciopero hanno cominciato a lambire i mercati stranieri. Anche quello italiano: A Venezia l’ad di Cinecittà Nicola Maccanico aveva infatti lanciato l’allarme sull’eventuale protrarsi dell’agitazione che, dopo aver sospeso alcune megaproduzioni ospitate dagli studios romani, rischiava di svuotare in futuro i teatri.
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