Poitras dal Leone d'oro all'Oscar
"Il cinema della realtà è delle donne"

Laura Poitras, a destra, con Nan Goldin a Venezia
di Gloria Satta
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Lunedì 6 Febbraio 2023, 14:11 - Ultimo aggiornamento: 14:13
Laura Poitras, che a Venezia 2022 ha vinto il Leone d’oro con l’emozionante, potentissimo docu-film ”Tutta la bellezza e il dolore” (ora candidato all’Oscar e dal 12 febbraio in sala con la distribuzione I Wonder), è una delle pochissime registe di questa 95ma edizione degli Academy Award. E va controcorrente: «Nel cinema narrativo le mie colleghe sono ancora una minoranza, lo so bene», afferma in collegamento dall’America durante il webinar su ”Diritti umani e Donne” promosso dal David di Donatello e introdotto dalla presidente e direttrice artistica Piera Detassis, «ma non è così nel documentario: nel settore in cui lavoro da anni le donne sono la maggioranza, sia dietro la cinepresa sia nella produzione, e hanno in mano il potere. Io non sono mai stata discriminata».
BATTAGLIA. Un Oscar Poitras l’aveva già vinto nel 2014 per ”Citizenfour”, il documentario sull’informatico Edward Snowden che svelò le intercettazioni illecite della Cia. Ora con ”Tutta la bellezza e il dolore” punta al bis tracciando il ritratto intimo e potente della fotografa e attivista Nan Goldin che a suon di proteste vinse la battaglia, ottenendo cospicui risarcimenti per le vittime, contro la famiglia Sackler produttrice di un oppiaceo capace di creare dipendenza e perciò responsabile di 500mila morti in America.
TRAUMA. «Ho sempre ammirato Goldin e il suo lavoro radicale, sia nell’arte sia in politica», spiega Laura, «proprio come Snowden, è pronta a sfidare il potere. Sono le persone così che interessano il mio cinema». All’inzio del film vediamo la fotografa protestare con i suoi attivisti nei più importanti musei del mondo, dal Guggenheim al Louvre, da Metropolitan alla National Gallery chiedendo di rimuovere il nome della famiglia Sackler, mecenate d’arte ma anche produttrice del famigerato oppiaceo. Poi ci inoltriamo nella vita drammatica della fotografa: bambina ribelle affidata dai genitori a famiglie adottive, quindi devastata dal suicidio della sorella, un trauma che segnerà la sua intera esistenza, approdata infine nella New York ribollente degli anni Settanta all’insegna di sesso, droghe ed ogni genere di trasgressione compresa la prostituzione che Nan esercitò per un periodo, quindi il successo come fotografa soprattutto di dropout ed emarginati, e l’impegno politico.
PANDEMIE. «Goldin ha sempre rischiato in prima persona», dice Poitras. Il film racconta anche gli anni terribili dell’Aids: «Sia quella pandemia sia il covid hanno dimostrato il fallimento americano». La regista ama il documentario «perché è l’origine del cinema stesso fin dai tempi dei Fratelli Lumière», spiega. I premi servono? «Vincere il Leone d’oro è stato molto emozionante, poi il mio film ha avuto una magnifica accoglienza dal pubblico». Ha già preparato il discorso di accettazione dell’Oscar? «Non scherziamo, mi pare surreale solo pensare di vincere».
IN CUCINA. Prima di diventare regista, in gioventù Poitras ha fatto la chef nei ristoranti. «Ho imparato la disciplina, il lavoro di squadra e il controllo, tutte cose che sul set mi sarebbero molto servite», dice, «ma lo stress in cucina era talmente alto che ancora adesso ho gli incubi: sogno di non essere pronta a uscire con le pietanze».
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