Arriva Locke, il film che ha stregato Venezia

Tom Hardy, protagonista e unico attore visibile in Locke
di Fabio Ferzetti
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Mercoledì 30 Aprile 2014, 21:23 - Ultimo aggiornamento: 21:24
Il primo eroe a cui possiamo credere da molti anni in qua non ha armi n superpoteri, solo la sua intelligenza e la sua morale. È stanco, concentrato, inerme, chiuso in un bozzolo di tecnologia. Ma non siamo alla Casa Bianca, alla Nasa o in qualche stanza dei bottoni di Google. Siamo in un’auto e Ivan Locke è solo, dall’inizio alla fine del film, con le sue responsabilità. Che non sono così superiori a quelle di molti di noi se non perché - ecco la differenza - ne avverte il peso e l’importanza fino in fondo.



IL PIU' BRAVO

Locke infatti fa il capocantiere. «Il più bravo capocantiere con cui abbia mai lavorato», dice il suo vice Donal, uno dei cinque o sei interlocutori con cui Locke parla nella sua lunga notte al volante. Già. Locke è uno bravo. Uno che fa tutto fino in fondo. Sempre. All’alba del giorno dopo centinaia di camion scaricheranno tonnellate di calcestruzzo per costruire un grattacielo da 55 piani. Una responsabilità gigantesca. Basta un calcolo sbagliato, un operaio distratto, e si mettono in pericolo vite, lavoro, capitali.



Ma lui non ci sarà. Perché non ci sono solo cantieri e progetti di vite a venire. Ci sono anche le vite presenti, i loro limiti, le loro potenzialità. Così Locke corre e parla. Corre dalla donna che sta mettendo al mondo un figlio. Suo figlio. Parla con tutti quelli con cui non ha avuto il tempo di parlare prima. In viva voce, senza sosta.



TUTTO IN UNA NOTTE

Parla con sua moglie, madre dei suoi altri due figli, che non sapeva nulla e naturalmente è sconvolta. Parla con la partoriente, con cui è stato una sola notte, per debolezza e solitudine, cercando di rassicurarla e insieme di non illuderla («Come puoi chiedermi se ti amo? Ti conosco appena»). Parla con il suo capo, che lo licenzia, e con il suo vice terrorizzato, per spiegargli cosa dovrà fare, punto per punto, perché le cose vadano come devono.

Proprio così: come devono.





IL PADRE

Perché Locke ha conosciuto suo padre a 23 anni e non vuole che accada mai più. Mai più un figlio deve fare a meno del padre. Specie se quel padre è lui. Mai una madre dovrà fare tutto da sola. Soprattutto quella donna, «che ormai ha 43 anni, non è bella, dalla vita ha avuto ben poco», e non merita di perdere «l’ultima occasione di essere felice». E se la moglie non capisce, non importa. Se perderà tutto, non importa. Al limite non importa nemmeno che Locke faccia tutto questo per riscattare quel padre imbelle e detestato, è solo una zeppa di scrittura, un trucco per motivare il personaggio.



Ma il grande film di Steven Knight, già candidato all’Oscar per le sceneggiature di Piccoli affari sporchi, di Stephen Frears, e La promessa dell’assassino, di David Cronenberg, forse starebbe in piedi anche senza il fantasma di quel padre assente. Perché il mondo sta andando in rovina ma possiamo ancora salvarlo. Anche oggi che siamo tutti iperconnessi e irrilevanti, anche quando la tecnologia più che onnipotenti sembra renderci impotenti, un piccolo gesto può cambiare tutto.



UN UOMO, UN'AUTO

È bello che a farlo sia un attore fantastico come Tom Hardy (Dio aiuti i doppiatori). È quasi incredibile che Locke, con quei giochi di luci e riflessi che lo fanno sembrare girato da una macchina, arrivi dopo le limousine di Carax e Cronenberg (Holy Motors e Cosmopolis) e dopo Sacro Gra di Rosi. Ma forse ogni epoca ha le metafore che si merita. Oggi il cinema, con un’auto e un grande attore, può raccontare tutto. L’inizio e la fine del mondo. L’inizio e la fine del rispetto di sé.

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