Anche i robot hanno un'anima
in arrivo il film "Humandroid"

Chappie, il roboto protagonista di "Humandroid"
di Gloria Satta
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Lunedì 2 Marzo 2015, 18:18 - Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 16:55
BERLINO - Può un robot dal cuore di bambino, un po’ Pinocchio un po’ E.T., regalare ”anima” a un film di fantascienza e conquistare il pubblico con dosi massicce di azione, tenerezza e umorismo? La sfida. La sfida è ambiziosa e a lanciarla, nel film Humandroid, è un regista-prodigio: Neill Blomkamp, sudafricano, appena 35 anni, all’attivo una Palma d’oro a Cannes per un corto, l’applauditissima opera prima District 9, il kolossal Elysium. Nel futuro dirigerà il nuovo capitolo di Alien, concepito come il «fratello genetico» dei precedenti.

La trama. Intanto Blomkamp ha girato Humandroid (nelle sale il 9 aprile con Warner) con le superstar Hugh Jackman, Sigourney Weaver e Dev Patel (l’ex ragazzino di The Millionaire) e un’insolita ambientazione alla periferia di Johannesburg. In un futuro prossimo, quando l’ordine pubblico sarà garantito da un esercito di androidi, uno di questi viene rapito da un gruppo di balordi che intendono riprogrammarlo perché commetta rapine e crimini assortiti. Mentre l’informatico creatore del robot (Patel) cerca di salvarlo e il militare cattivo Jackman vorrebbe annientarlo, il tenero androide di nome Chappie si affeziona ai rapitori scambiandoli per ”mommy” e ”daddy” (li interpretano i tatuatissimi rapper Ninja e Yo-landi Visser del gruppo sudafricano Die Antwoord) e impara a diventare umano...

Interrogativi. «Il film», spiega Blomkamp a Berlino, dove si è svolta l’anteprima di Humandroid, «non manda messaggi ma suggerisce molti interrogativi: cos’è l’anima? Si può definire attraverso la scienza o è qualcosa che va oltre? Perché siamo vivi, e in che consiste la consapevolezza? Insomma, mentre ci si diverte si riflette. Mi interessava inoltre esplorare il rapporto tra natura ed educazione e scoprire in che misura una persona può essere influenzata dall’ambiente in cui cresce».

Non è stato difficile trovare i finanziamenti: «I produttori di Columbia Pictures si sono innamorati del progetto che costava molto, certo, ma meno dei soliti film di fantascienza», racconta ancora il regista. E la coppia di rapper? «Sono i primi cui ho pensato per i personaggi dei genitori adottivi del robot, ascoltavo i loro album mentre scrivevo Elysium: sono artisti totalmente liberi, non incatenati alle leggi del mercato, rendono la storia più fresca e inedita».

Fantascienza. Blomkamp, occhi azzuri innocenti, rivela di essersi formato con il cinema «fuori dall’ordinario». Quale, esattamente? «Fin dall’infanzia ho adorato i film fantasy e tutti quelli che hanno il potere di trasportarti in un mondo magico. Oggi racconto storie di fantascienza perché è l’unico genere che ti permette di affrontare argomenti seri senza rinunciare a intrattenere il pubblico».

Il cattivo. Nei panni del cattivo e con un taglio di capelli anni ’70 decisamente spiazzante («i miei figli lo hanno bocciato senza pietà», rivela ridendo) Hugh Jackman fa il cattivo mentre Sigourney Weaver e il boss implacabile della fabbrica degli sbirri-robot. «E’ stato divertente passare dal supereroe Wolverine a un personaggio negativo che combatte ogni forma di intelligenza artificiale: è convinto che solo Dio abbia il potere di infondere anima e pensieri alle creature viventi», spiega l’attore australiano.

Altissimo, magro ed estroverso, si definisce un padre «molto severo» e racconta di avere con la tecnologia un rapporto «nella media». Sorride: «Il computer può cambiare la vita di un genitore. Di fronte alle infinite domande dei figli, puoi trovare su google tutte le risposte».

Robot. L’androide protagonista di Humandroid è stato interpretato dall’attore Sharlto Copley che ha interagito con gli altri interpreti. Poi, nella fase di post-produzione, la sua performance è stata «robottizata» da un sofisticato programma di animazione digitale. Ma davvero lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, stanto al grido di allarme lanciato recentemente dall’astrofisico Hawking, rischia di distruggere l’umanità? «Il problema è complesso», risponde Blomkamp, «e non è facile rispondere. Personalmente non nutro di queste paure. E in tutti i miei film la scienza è solo un espediente per parlare di qualcosa di umano, molto umano».

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